Sul commercio, infine, non ci sono più molti dubbi sul fatto che
nei prossimi giorni verrà definito un accordo quadro tra Stati Uniti e Cina. Naturalmente è meglio un accordo, buono o mediocre che sia, piuttosto che tariffe e conflitti senza fine, ma questo è già nei prezzi. Quello che non è nei prezzi è che il conflitto possa riaprirsi in futuro se la Cina non manterrà neanche questa volta le sue promesse.
Tirando le somme abbiamo un'economia stabile in America e in lenta riaccelerazione nel resto del mondo e misure di policy forti in Cina, modeste in America e ancora assenti in Europa. È abbastanza per giustificare il 20 per cento di rialzo delle borse tra Natale e oggi? Sì, ma non perché ci sia oggi da essere particolarmente ottimisti, bensì per il fatto che il pessimismo di dicembre è stato eccessivo.
È abbastanza, il quadro macro, per giustificare ulteriori rialzi e magari i nuovi massimi di cui si parla sempre più spesso? No, il quadro macro non è abbastanza, ma i mercati hanno una logica loro che li rende meno ovvi di quanto a volte si pensi.
L'anno scorso, in America, gli utili sono saliti del 24 per cento, l'economia è andata bene o benissimo a seconda dei momenti e la borsa è scesa dell'8 per cento. Quest'anno economia e utili saranno mediocri, ma la borsa potrebbe andare bene e crescere di un 10-15 per cento. È tutto un gioco di multipli, in ritirata quando si pensa a una
Fed a testa bassa contro l'inflazione, di nuovo in espansione quando si vede una Fed che si gira dall'altra parte. La crescita economica, come si vede, è importante sul lungo termine, ma nel breve e medio non sempre va guardata come fattore determinante.
Prima del 2020 e dell'epico scontro politico che lo caratterizzerà (facendo inevitabilmente tremare i mercati) faremo quindi in tempo a vivere un 2019 relativamente tranquillo. La crescita delle borse rallenterà vistosamente, ma nulla vieta che possa proseguire a velocità ridotta, favorita anche da una maggiore tranquillità dell'obbligazionario.
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