Soprattutto,
sono ancora da misurare gli effetti dei rialzi dei tassi americani del 2018, decisi sull'onda di un boom trascinato dalla riforma fiscale e che però si riverberano oggi su un'economia molto meno brillante.
Nonostante difficoltà e problemi scommettiamo su un graduale miglioramento del quadro globale, in particolare nella seconda metà dell'anno.
Le banche centrali si sono tenute da parte altre misure espansive, nel caso dovessero servire. La Fed potrà anticipare ulteriormente la fine del Quantitative tightening, la Bce potrà prolungare ulteriormente la guidance sui tassi, la Banca del Giappone potrà agire sul Qe e la Cina sul credito. Non necessariamente grandi cose, ma un utile fine tuning.
Nel frattempo, mentre
il 2019 si profila relativamente stabile, l'epico scontro politico del 2020 in America si arricchisce ogni giorno di nuovi elementi. Michael Bloomberg ha annunciato che non si candiderà alla Casa Bianca. Il candidato unico dell'establishment democratico sarà dunque
Biden, che si troverà però di fronte, durante le primarie, numerosi contendenti della sinistra radicale. Un elemento importante della campagna di Biden sarà l'introduzione di una tassa su tutte le transazioni finanziarie, nessuna esclusa, dello 0.1 per cento. È già data per scontata dagli stessi proponenti una forte caduta degli scambi sui mercati finanziari.
Gli altri candidati democratici, come è ben noto, hanno proposte ben più radicali, ma ancora poco definite. È quindi presto per stabilirne l'impatto su crescita e borsa, ma il fatto che ci sia un elemento comune di repressione finanziaria (tassi artificiosamente bassi) e di forte o fortissima espansione fiscale fa pensare già oggi a una pressione al ribasso sul dollaro come effetto delle loro politiche. L'anno prossimo a quest'epoca molti ricchi americani si porranno il problema di dove trovare un'alternativa al dollaro. Non essendo le altre valute particolarmente attraenti, alcuni si rivolgeranno all'oro.
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