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All'ombra dell'ultimo sole

Sfruttare la benevolenza monetaria prima che torni la volatilità

Chi sta sull'azionario può anche non essersene accorto, ma in questi giorni si è consumato uno psicodramma nel mercato monetario più liquido ed efficiente del mondo, quello americano. Sul mercato interbancario i tassi d'interesse, invece di stare nel range predisposto per i Fed Funds, si sono arrampicati fino al 10 per cento, costringendo la Federal Reserve a intervenire tutti i giorni con decine di miliardi di nuova liquidità per soddisfare la domanda di fondi del sistema. Ci sono cause tecniche per questo, tra cui un Tesoro affamato di soldi che porta via tutto quello che trova, ma c'è anche un senso di affanno, di disordine e di fragilità più tipico di una fase di crisi che non di un ciclo ancora in fase espansiva.

L'aspetto più interessante non è in ogni caso questo malfunzionamento del mercato, che in qualche modo verrà aggiustato, ma il fatto che il suo incepparsi abbia riaperto la discussione sulle dimensioni del bilancio della banca centrale (che le operazioni di questi giorni fanno crescere temporaneamente) e che la Fed stessa si dichiari pronta a rivedere di nuovo la sua strategia generale e a tornare a fornire liquidità, questa volta permanente, con operazioni di Quantitative easing.

Per capire quanta strada si sia percorsa in dodici mesi, ricordiamo che un anno fa a quest'epoca la Fed era fermamente intenzionata ad alzare i tassi e a ridurre il suo attivo fino al 2021. Oggi, con il preannuncio della ripresa del Qe e con i tassi di policy in caduta, si procede a tutta velocità nella direzione opposta a quella programmata un anno fa. Per giustificare questa spettacolare inversione di rotta non si invoca il profilarsi di una recessione (escluso enfaticamente e ripetutamente da Powell nella conferenza stampa dopo il Fomc). Si parla invece di Brexit e di conflitto tra Cina e America, due questioni ben presenti anche un anno fa.

Certo il Qe prossimo venturo sarà diverso. Sarà un Qe di guerriglia, sporco, non la battaglia settecentesca ordinata e geometrica combattuta da soldati con le divise sgargianti cui eravamo abituati. Non più acquisti ritmati dal tamburino con limiti mensili programmati con largo anticipo e preannunciati ai mercati, bensì interventi a seconda del bisogno, orientati a mantenere più o meno costante la dimensione dell'attivo della Fed rispetto al Pil nominale, ma con ampi margini di manovra. Qualcosa di simile al Qe giapponese più recente, quello degli interventi variabili a difesa e controllo della stabilità della curva (e dei tassi a zero).

Per quanto diverso, in ogni caso, sempre di Qe si tratterà e sempre di aiuto sarà per gli asset finanziari. Anche questo Qe rivisto e aggiornato, tuttavia, condividerà il destino di tutte le misure di politica monetaria, quello di una loro efficacia decrescente nel tempo. Più che produrre ulteriori rialzi di bond e azioni ne attenuerà la volatilità e ne attutirà i ribassi.
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