Ricapitolando, non solo
i tassi sono scesi di 75 punti base, ma aumenti di altrettanto sono stati cancellati mentre nel resto del mondo, ovviamente, tutti correvano a tagliare i tassi più che potevano e a riprendere il Qe.
Guardando avanti, quindi, la domanda da porsi è prima di tutto sui tassi. È possibile che salgano? No, ci stanno dicendo in coro tutte le banche centrali. Semmai è possibile che scendano, se l'economia mostrerà segni di debolezza.
È possibile che venga interrotto il Qe? Niente lo fa pensare.
È chiaro,
i tassi nel 2020 non potranno più dimezzarsi (rispetto alle attese) come è successo nel 2019 e la previsione più ragionevole è che rimangano fermi. Con i tassi fermi, basterà una modesta riaccelerazione della crescita e degli utili per lasciare alle borse uno spazio inerziale di rialzo nei primi mesi dell'anno prossimo. La firma probabile di un accordo tra Cina e Stati Uniti darà una spinta ulteriore, anche se è già in gran parte nei prezzi.
Guardando ai rischi, prevalgono quelli di natura esogena. L'equivalente per il 2020 del negoziato tra Cina e America sono le presidenziali. In realtà, dal punto di vista degli utili, le presidenziali contano molto di più. I dazi di Trump sono una tassa che va a pesare su una piccola parte delle imprese americane. I micidiali rialzi di tasse proposti dalla Warren peserebbero sull'intero apparato produttivo. Diamo pure alla Warren solo il 50 per cento di probabilità di conquistare la Casa Bianca, ecco comunque che il danno potenziale per gli utili sarebbe superiore a quello dei dazi.
Ogni giorno, in ogni caso, ha la sua croce e quelle di questa fine anno e dell'inizio del prossimo sembrano ancora piuttosto leggere. Si può ancora, con prudenza, approfittarne.
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