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In alta quota

Indispensabili esperienza e una buona attrezzatura

Si procede di buon passo e ci si avvicina velocemente alla parete finale che ci porterà alla vetta, al momento avvolta dalle nuvole. Azioni cicliche, azioni difensive, oro, oggetti da collezione, crediti forti e fragili, tutti in cordata. Si cammina ordinati cantando, anche se l'ossigeno è rarefatto, e l'umore è eccellente, senza che ci siano sbavature di scomposta euforia.

I permabear (i gufi) si sono fatti ombrosi e taciturni. Si limitano a sottolineare le fragilità strutturali (la deglobalizzazione ormai avviata, i pochi investimenti produttivi, i settori sotto pressione pesante come auto ed energia, l'indebitamento crescente delle società che finanziano i buy-back dei loro titoli, la bassa crescita, i margini sotto pressione), i rischi politici (le elezioni americane) e geopolitici, la vecchiaia del ciclo economico e i multipli elevati. L'anno scorso, dicono, le borse sono salite del 30 per cento. Aggiungiamoci un 10 probabile nei primi mesi del 2020 e arriviamo al 40. Nel frattempo, però, gli utili non si sono mossi.

Dalla cordata arrivano espressioni di educata ironia nei confronti dei gufi. Li si invita ad alzare lo sguardo e a osservare i numerosi elicotteri delle banche centrali che volteggiano poco sopra gli alpinisti per garantirne la sicurezza. Dagli elicotteri viene continuamente lanciata liquidità calda che scioglie il ghiaccio, 3 miliardi al giorno contando solo Fed e Bce. I gufi sono invitati anche a guardare poche decine di metri sotto la cordata, dove i tecnici delle banche centrali hanno steso robuste reti di protezione. Il capo ingegnere Clarida, della Fed, informa che le reti, inizialmente annunciate come una misura temporanea di sicurezza, non verranno tolte nemmeno in caso di riaccelerazione dell'economia. E in caso di ripresa dell'inflazione? Verranno lasciate comunque (i tassi non aumenteranno). In ogni caso, dice Clarida, l'inflazione non arriverà e se ci sbagliamo saremo i primi a darle il benvenuto.

Tra gli alpinisti i più vecchi, quelli che ne hanno viste tante, sanno che la parte più golosa è proprio la scalata della parete finale, quando in breve tempo si superano grandi dislivelli, e non vogliono rinunciarvi. Sanno anche, però, che la montagna non va mai presa sottogamba, perché è capace di essere terribile. Può alzarsi un vento improvviso che può fare cadere gli elicotteri come mosche. Una frana o una valanga possono travolgere le reti di protezione, anche le più robuste.

È vero, dicono, di rischi noti ce n'è solo uno, il voto americano di novembre, ma da solo basta e avanza. Sanders e Warren possono essere vento, frana e valanga, almeno per le borse e (soprattutto Sanders) per il dollaro. Gli altri candidati democratici saranno comunque costretti a scavalcarsi tra loro a sinistra, prima della nomination per intercettare i delegati radicali nel caso Sanders o Warren non siano nominabili e nella fase finale della campagna per mobilitare la base. Di qui a novembre basterà un sondaggio sfavorevole a Trump (e certamente ce ne saranno) per popolare di tasse e reregulation i sogni dei mercati. Di fronte all'ipotesi di una rottura di paradigma nel modello americano, anche una probabile riaccelerazione dell'economia nella seconda parte dell'anno e una Fed benevola non basteranno a ridare tranquillità.
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