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Postmodernismo

I nuovi orizzonti di economia e mercati


Andando più o meno in ordine cronologico ha cominciato Marvin Minsky, già negli anni Novanta, a picconare l'illusione che ci possano essere insieme crescita e stabilità. Cominciava allora a diffondersi la teoria della Grande Moderazione, l'idea compiaciuta che, dosando bene moneta e bilancio pubblico, ci potesse essere crescita infinita senza inflazione. Peccato, fece notare Minsky, che in un quadro così idilliaco i mercati non siano mai capaci di rimanere tranquilli e che non manchino mai di finire in bolla e poi di andare in crash con ricadute pesanti sull'economia.

Poi è arrivata la finanza comportamentale, che ha minato alle basi la Modern Portfolio Theory che qualcuno tenta di praticare nei portafogli ancora oggi.

E poi la Cina, che con il suo sviluppo impetuoso accompagnato a un'involuzione autoritaria, a massicci sostegni statali ai settori strategici e a un ampio protezionismo su tutta la linea ha messo in discussione l'idea che si possa crescere bene solo all'interno di una democrazia liberale e in un libero mercato.

Dopo la Grande Recessione del 2008 la crisi del canone occidentale è andata accelerando. L'idea di una crescita bassa ma costante e duratura (una versione light della Grande Moderazione) ci ha certamente evitato una ricaduta nel caos, ma si è scontrata con la constatazione che gli stimoli monetari necessari a mantenere un minimo di crescita non solo vanno resi permanenti ma perdono efficacia nel tempo. Senza contare che la crescita bassa, alla lunga, genera nella pubblica opinione una grande voglia di cambiare classe dirigente e paradigma sociale.

L'idea che a tassi più bassi e, nel caso, negativi corrisponda sempre una minore propensione al risparmio e una maggiore disponibilità a consumare e a investire si è infranta davanti alle famiglie che, per compensare i tassi negativi, risparmiano di più e non di meno e davanti alle imprese che, con denaro a costo zero per tutto l'orizzonte prevedibile, non hanno nessuna fretta di correre a farsi prestare soldi per ampliare la capacità produttiva quando è più semplice e divertente usare la liquidità per comprare azioni proprie e alimentare la bolla.
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