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Postmodernismo

I nuovi orizzonti di economia e mercati


La Grande Recessione ha messo in crisi anche l'idea premodernista dell'austerità come via dolorosa verso la crescita, la riduzione del debito pubblico e la compressione dei tassi da pagare per questo debito. Nel 2000 gli Stati Uniti erano in surplus di bilancio, avevano un debito pari al 55 per cento del Pil che pensavano di azzerare entro dieci anni (secondo i calcoli ufficiali del Congressional Budget Office) e pagavano sui Treasury decennali l'astronomico tasso reale (reale, si noti, non nominale) del 4.3 per cento. Vent'anni dopo si ritrovano con la prospettiva a perdita d'occhio di un disavanzo pubblico del 5 per cento, con un debito netto proiettato al 2030 al 105 (che diventa ben più alto se calcolato all'europea) e con tassi reali sul decennale a meno 0.5. È evidente, scrive sul suo diario l'ambasciatore marziano, che sulla Terra più sale il debito più scende il suo costo.

Sono i miracoli della monetizzazione di fatto del debito, quella che riduce non solo il costo ma anche la quantità del debito stesso. Fino a pochi anni fa il debito pubblico giapponese era del 240 per cento del Pil, oggi è del 140 nonostante i continui deficit annuali. Si è semplicemente cambiato il metodo di calcolo e si è convenuto che i titoli acquistati dalla banca centrale sono di fatto ritirati per sempre dalla circolazione, in pratica annullati. Soluzioni semplici per problemi che sembravano tragici.

E d'altra parte non si parla più nemmeno di crowding out (e i giovani non sanno nemmeno che cos'è) perché non è più vero che le emissioni crescenti di debito pubblico tolgono spazio a quelle di debito privato aumentandone il costo. Ormai le banche centrali comprano anche debito privato, che del resto gode comunque di tassi negativi o risibili. E un giorno non lontano le banche centrali compreranno anche azioni, quando non lo fanno già come in Giappone.

Di fronte a un quadro che cambia così radicalmente è legittimo che un investitore si chieda quanto abbia ancora senso agire su base fondamentale e studiare i bilanci degli stati e delle società prima di comprare qualcosa. Non è meglio chiudere gli occhi e buttarsi nel flusso?

Questa è probabilmente la domanda per i prossimi dieci anni. Ovviamente non abbiamo la risposta, ma proviamo a dare qualche spunto di riflessione.
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