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Il virus

Perché i mercati si sentono più forti di prima


Oggi il mercato si sente perfettamente guarito e in grande forma per tre ragioni.

La prima è che si è formata la convinzione che, un minuto prima della percezione mediatica dell'epidemia, il mondo era sul punto di spiccare il volo verso una riaccelerazione globale che ora è stata semplicemente riposta nel congelatore e che riapparirà tra noi in tempi brevi. I famosi germogli, di cui si parlava da novembre, stavano effettivamente e finalmente sbocciando verso la fine di gennaio. Niente di particolarmente rilevante (e nemmeno omogeneamente distribuito, come mostra la caduta degli ordini industriali in Germania), ma certamente degno di nota.

La seconda è che si può ragionevolmente pensare che la risposta monetaria (e, nel caso, fiscale) all'epidemia sarà per il mercato azionario più importante del danno che gli potrà derivare da una contrazione di vendite e margini ancora peraltro da determinare. La Cina ha infatti risposto molto aggressivamente, da una parte con stimoli monetari e dall'altra preparandosi a ripristinare (a epidemia conclusa) quel tipo di pacchetti fiscali cui ci aveva abituato nei dieci anni passati e che aveva deciso di mettere in soffitta. Quanto a Europa e America, non ci sono ancora reazioni di policy ufficiali, ma è legittimo supporre che il non-Qe americano in corso verrà prolungato, forse fino all'estate.

In pratica i mercati scontano con piacere una asimmetria tra un pericolo sul terreno che dovrebbe risolversi in tempi brevi e una risposta di policy che, per prudenza e precauzione, darà un tono ancora più espansivo per un periodo ancora più lungo di quello che si attendeva.

La terza ragione che dà ai mercati un motivo di guardare con impazienza a nuovi massimi è la riclassificazione del maggiore rischio politico del 2020, le elezioni americane. Un Trump passato indenne attraverso il confronto con l'Iran e l'impeachment (e rafforzato dalla conclusione della guerra commerciale e dalla borsa) ha più probabilità di essere rieletto, tanto più in un momento, come questo, in cui i suoi oppositori democratici appaiono deboli, divisi e, se radicali, poco interessanti per l'elettorato centrista. Trump e la borsa, d'altra parte, si rafforzano a vicenda (così come potrebbero indebolirsi a vicenda nel corso dei prossimi mesi se le circostanze dovessero cambiare).

Completato il recupero di quanto perduto per l'epidemia, i mercati potrebbero fermarsi, nelle prossime settimane, in attesa che passi il flusso ritardato di dati provenienti dalla Cina. Questi dati saranno considerati anomali e non sarà dato loro peso.

Una sola cosa, a questo punto, hanno da temere i mercati. Un secondo ciclo pandemico, questa volta in Occidente, li coglierebbe impreparati. Per ora, fortunatamente, non ci sono segnali rilevanti in questa direzione, ma il rischio di coda esiste e dovrebbe essere tenuto in conto da chi usa la leva. Gli altri possono concentrarsi sullo scenario di base e rimanere investiti e costruttivi.

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