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Dopo la bufera

Che mondo ci aspetta là fuori

L'antropologia, in particolare da Mary Douglas in avanti, ci spiega quanta parte abbia nella nostra vita psichica la dialettica tra puro e impuro, tra la perdita e la riconquista dello stato di grazia e tra la violazione del sacro e la sua riconsacrazione. Ristabilire e reintegrare nel suo statuto quello che è stato violato è ancora più importante che ricostruire ciò che è stato materialmente distrutto e ne è anzi la precondizione psicologica. Da qui la presenza di particolari e solenni cerimonie di riconsacrazione e di restituzione allo stato di grazia originario in tutte le religioni, anche in quelle civili come quella dell'antica Roma.

Nella scia della tradizione novecentesca della Terza Internazionale, sempre attenta alla liturgia come punto d'incontro tra esteriorità materiale e profondità psichica, il Partito comunista cinese ha voluto celebrare con riti di riconsacrazione la fine dell'epidemia e il ritorno allo status quo ante. Tutto è stato reinaugurato, in particolare a Wuhan, in un tripudio di luci, canti e colori, coinvolgendo il più possibile i sensi come ogni liturgia deve sapere fare.

Sappiamo, quando ci fermiamo a ragionare a mente fredda, che nella vita reale esiste un continuo e non un confine netto tra il puro e l'impuro e la dirigenza cinese ha certamente chiaro che l'epidemia può non terminare in un momento dato (come accadde alla Sars) ma trascinarsi a lungo e perfino riaccendersi, come accadde con la spagnola nel 1919, in forma più grave. Ci sono però circostanze in cui dichiarare una rottura nella continuità può avere un valore psicologico estremamente positivo. A due condizioni, però. La prima è che la rottura abbia una sua dimensione oggettiva, per quanto imperfetta e incompleta, che le dia credibilità (nella fattispecie che i contagi stiano effettivamente tendendo verso zero). La seconda, soggettiva, è che appaia evidente la consapevolezza della necessità di adottare per il futuro comportamenti virtuosi, come l'intenzione di non peccare più nel rito della confessione o, su scala profana, quella di mantenere comunque comportamenti prudenti (mascherina e distanziamento sociale) nel futuro prevedibile.

Nel nostro Occidente secolarizzato (ma non per questo sciolto dalle costanti antropologiche) la cerimonia di riconsacrazione sta avvenendo sotto i nostri occhi con il recupero dell'SP 500, il sismografo del nostro stato di salute materiale e mentale. È chiara la voglia di dichiarare conclusa una fase e di riaprirsi al futuro. Questo futuro sarà complicato, tormentato, in molti casi doloroso, ma è un futuro e non un presente eterno di puro orrore come quello che abbiamo appena vissuto.

La ricaduta pratica di questa riconsacrazione anticipata è molto positiva. Si pensi ad esempio alla maggiore facilità di collocare bond o azioni da aumento di capitale per le molte società assetate di liquidità che si stanno presentando sul mercato in queste ore. Può darsi che in qualche caso si tratti solo del rinvio di una fine inevitabile nel nuovo mondo, ma in altri casi può essere il salvataggio di un patrimonio di know-how e di spazi di mercato cui non manca nulla se non l'ossigeno. Si pensi anche al fatto che un mercato che si salva da solo, sempre che continui a farlo, richiede meno interventi di sostegno da parte di banche centrali e governi, che possono così a un certo punto dirottare i loro fondi verso l'economia reale. In questa luce va vista la fioritura di nuovi fondi privati che stanno raccogliendo soldi da destinare alle speciali opportunità create dalla crisi. È un segno di vitalità del sistema che nel 2009 tardò molto a manifestarsi. E significa anche che la finanza, che dieci anni fa fu l'epicentro della crisi, può questa volta portare un contributo alla sua risoluzione.
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