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Estremi rimedi

I tassi negativi, opportunità e rischi


In realtà le cose sarebbero più complicate. Se i tassi sempre più bassi di questi ultimi quarant'anni hanno smesso a un certo punto di produrre effetti economici positivi è perché sono stati visti come permanenti e perché, paradossalmente, non erano abbastanza bassi. Si è così notato che in molti paesi con i tassi sotto zero le famiglie, invece di spendere di più, si mettono a risparmiare mentre le imprese, vedendo tassi a zero per tutto l'orizzonte prevedibile, smettono di avere fretta di cogliere l'occasione e rinviano gli investimenti.

Il caso di tassi profondamente negativi sarebbe però una scossa tale da indurre tutti a riconsiderare il loro portafoglio e provocherebbe migrazioni a catena dalla liquidità ai titoli obbligazionari di qualità e poi da questi agli alti rendimenti e all'azionario. E non ci sarebbero solo guadagni in conto capitale ma, ancora di più, un minor numero di default e ristrutturazioni. Per i patrimoni normalmente investiti, senza nemmeno bisogno di prendere più rischio, si tratterebbe insomma di un'opportunità.

E per l'economia reale? Qui la differenza la farebbe il presentare come limitati nel tempo i tassi profondamente negativi. A quel punto le imprese correrebbero a sistemare il loro passivo, allungandone la scadenza, e potrebbero emettere nuove azioni su livelli non sacrificati. Chi vuole comprare una casa correrebbe in banca per accendere un mutuo su cui incassare, non pagare, gli interessi (come succede da tempo in Danimarca) e le aziende dei settori meno colpiti dalla crisi tornerebbero a investire.

Quanto alle banche, per loro non è importante il livello assoluto dei tassi ma la pendenza della curva dei rendimenti. Con i tassi negativi potrebbero indebitarsi sotto zero e prestare poco sopra zero, guadagnandoci da una parte e avendo dall'altra, anche loro, una speranza maggiore di venire ripagate.

Un ultimo elemento positivo è che i tassi negativi profondi, che partirebbero come tutte le novità dall'America, ridimensionerebbero un dollaro che la crisi sta rendendo troppo forte, darebbero sollievo al preoccupante numero di paesi emergenti in difficoltà e indurrebbero l'Europa a reflazionare a sua volta.

Al momento non sappiamo se i tassi scenderanno davvero in profondità e ci auguriamo invece, prima di tutto, che la riapertura delle economie possa continuare senza provocare conseguenze rilevanti sui contagi. Sapere però che nel caso peggiore esistono ancora armi potenti per prevenire o contenere una depressione e che le banche centrali, anche se ne negano l'utilizzo nell'immediato, non ne escludono la possibilità nel futuro dovrebbe essere un importante elemento di sostegno per tutti gli asset finanziari. La correzione azionaria potrà ancora proseguire, ma troverà un supporto prima e più in alto di quello che si sarebbe potuto pensare.
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