Le recenti misure indicate a
mettere in sicurezza gli ambienti di lavoro fanno riferimento al D.L. 81/2008 ed al D.L. 231/2001 su cui viene incardinato il rischio di
responsabilità penale a carico degli imprenditor
i o di chi svolga attività che coinvolge più persone su cui è necessario fare alcune osservazioni e rilievi per evitare l'invasività burocratica ormai troppo lontano dal reale.
Il dettato normativo ha un suo fondamento nell'indicare la
necessità di tutela della salute negli ambiti operativi, ma il problema di fondo è il modello culturale su cui si fonda la sua interpretazione, la sua applicabilità e di conseguenza il criterio di giudizio che può essere emesso dalla Magistratura.
In estrema sintesi il modello socioculturale dei nostri tempi, arrivato al capolinea, tende ad affermare l'idea di
modellizzare la realtà in cui viviamo soprattutto nelle discipline che riguardano i temi sociali, economici, finanziari e politici-istituzionali e la necessità che la realtà dell'uomo si adatti a modelli pensati fuori dal mondo reale le cui ipotesi ignorano la soggettività umana che è alla base, sempre delle sue scelte; la finanza fintamente razionale che ci strangola ne è l'esempio devastante, ma anche nell'ambito giuridico è avvenuta la stessa cosa a partire dai temi della
compliance e, come vedremo, l'avvio del D.L. 231/2001.
Il tema di fondo che ha accompagnato l'avvio del D.L. 231/2001 dal momento del suo avvio, le altre norme la seguono, è stata la parzialità interpretativa che non ha consentito di favorire la selezione tra le aziende corrette e quelle che non lo erano portando in 19 anni, ad eccezione di sole due volte, sempre al patteggiamento, spesso senza una base di riferimento, ma non all'individuazione dell'idoneità del modello che sarebbe stato l'elemento esimente per le aziende virtuose.
"