Che fare allora con i nostri investimenti in un mondo così complicato? La cosa più ragionevole sembra essere quella di non fare una scommessa sola e di prepararsi a diversi scenari. Torniamo allora all'idea di bilanciare un portafoglio ben pesato in azioni con oro e titoli governativi indicizzati all'inflazione.
Quanto al
dollaro, ricordiamo che il rialzo degli ultimi anni deve molto all'idea che lo
shale oil, rendendo l'America indipendente dalle importazioni di petrolio, avrebbe migliorato strutturalmente le partite correnti e quindi la forza strutturale del dollaro, mentre il differenziale dei tassi avrebbe mantenuto un afflusso speculativo verso gli Stati Uniti.
Oggi il differenziale si è molto ridotto, mentre Biden, se eletto, sarà sotto pressione per chiudere lo shale oil. La
Cina, dal canto suo, si muoverà in direzione opposta. Terrà i tassi alti, tornerà a investire nella produzione interna di carbone per mantenere il riconquistato surplus delle partite correnti, sosterrà lo sviluppo strategico del
renminbi continuando ad accumulare oro nelle sue riserve. Non è certo se riuscirà nell'impresa, ma la strategia è chiara, costruire il renminbi come valuta di riserva con una sua area valutaria e creare attraverso Hong Kong una quantità di renminbi a circolazione estera nella quale il mondo potrà indebitarsi.
Chi ha dollari, da qui in avanti, dovrà allora evitare di tenerli a tassi irrisori sui governativi non indicizzati e farà bene a tenere azioni di esportatori americani e una robusta quantità di oro, che nelle prime fasi di svalutazione del dollaro tende a salire di più delle altre valute.
Detto questo, le ansie dei mercati su un'inflazione americana già dietro l'angolo e su un dollaro in conseguente caduta libera per effetto dell'
offerta di moneta (M2) aumentata di un quarto in questi mesi sono eccessive. M2 è moneta creata dalle banche commerciali quando fanno prestiti alle imprese e il boom di questi prestiti non è certo dovuto alla voglia delle imprese di assumere nuovo personale e aprire nuovi stabilimenti, ma alla loro paura di bruciare troppa cassa e trovarsi insolventi. Se il denaro prestato dalle banche alle imprese non circola e rimane fermo sul conto corrente è difficile pensare all'inflazione, che è prodotta non dalla quantità di denaro in sé ma anche dalla sua velocità di circolazione, per ora in evidente discesa. Calma quindi, perché da qui all'inflazione ci vorranno molti altri trilioni di pacchetti fiscali e monetari. Che arriveranno, ma non domani mattina.
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