In questa fase i
due aspetti della volontà politica (policy e politics) convergono perfettamente. Le banche centrali, trovandosi a fronteggiare una crisi molto seria con i tassi già prossimi allo zero e poca voglia di sperimentare tassi di policy profondamente negativi, stanno facendo ampio ricorso a un quantitative easing che sfuma sempre di più nella monetizzazione pura e semplice dei disavanzi di bilancio. Il Qe però non basta e il rigonfiamento degli asset finanziari viene visto come utile a ricreare ricchezza e, soprattutto, fiducia. La borsa, fino a pochi anni fa ignorata dai modelli econometrici delle banche centrali, ne è ora parte integrante.
Quanto alla politica, da sempre i governi in carica che si ripresentano agli elettori cercano di farlo con le migliori condizioni di mercato possibili. Sappiamo però che
Trump tiene in modo particolarissimo alla borsa e ne considera il rialzo la prova tangibile del successo della sua politica economica.
La volontà politica naturalmente ha dei limiti. Riesce a gonfiare i mercati e a fare loro svolgere il compito assegnato nelle fasi di rilancio ma fatica a frenarne l'esuberanza una volta che il rilancio è avvenuto. Così facendo, contribuisce a creare le condizioni per la creazione di bolle che un giorno inevitabilmente scoppieranno.
Se questo è vero, bisogna però anche stare attenti a non preoccuparsi per il rialzo troppo presto.
Ora siamo infatti nella fase di rilancio, quella in cui si cerca di presentare agli investitori una strada spianata con semafori verdi a perdita d'occhio. Negli ultimi giorni i mercati hanno però avuto fin troppo la sensazione inebriante di potere fare quello che vogliono e hanno iniziato ad accelerare, quando invece, per creare un clima di fiducia, sarebbe più utile un rialzo lento e costante.
A questo punto sarà necessario disporre lungo la strada quei
dossi rallentatori che gli automobilisti amano odiare. La strada resta diritta, i semafori restano verdi, ma la velocità va ridotta.
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