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Braccio di ferro

Verso le elezioni e oltre. Troppi timori o troppo pochi?


Un Fomc tormentato, dunque, con tanto di dissenso esteso (due membri che dissentono, nel galateo delle banche centrali, segnalano divisioni profonde) ma cavilloso, quasi apposta per aggiungere confusione. E tuttavia, con tutti i suoi limiti di comunicazione, il Fomc non cambia linea sul serio e rimane, nell'anima, profondamente espansivo. Per questa ragione le ormai poche settimane che ci separano dal voto saranno certamente più contrastate dei sei mesi di rialzo lineare che ci siamo lasciati alle spalle, ma difficilmente faranno segnare una marcata inversione di tendenza.

E così, mentre si sta consumando la coda delle sistemazioni tecniche legate al corto gamma sui titoli tecnologici, le prossime variabili sulle quali oscilleremo (in un range non molto ampio) saranno i dati macro (prevedibilmente in moderata ripresa dopo la pausa di agosto), la corsa contro il tempo sui vaccini e i sondaggi elettorali, che provocheranno volatilità con un gioco di ricorsività e riflessività (un sondaggio favorevole a Trump provoca un rialzo di borsa che a sua volta aumenta le possibilità di vittoria di Trump e produce altri rialzi e viceversa).

Gli investitori istituzionali hanno comprato molta protezione per le settimane immediatamente successive al voto. Lo dimostrano il numero di posizioni aperte su opzioni e il prezzo particolarmente elevato delle scadenze di novembre. Molti temono un forte aumento di volatilità legato prima di tutto alle incertezze sullo scrutinio. Quest'anno si voterà molto per posta e ogni stato ha regole diverse sullo spoglio delle schede pervenute, che in alcuni casi verranno conteggiate fino a due settimane dopo il 3 novembre. Il voto postale aumenta la possibilità di brogli e sono prevedibili contestazioni, ricorsi e riconteggi. I tentativi di delegittimazione del vincitore si tradurranno verosimilmente in manifestazioni di strada in un clima infuocato.

La democrazia americana non è nuova a situazioni di scontro duro. Nelle elezioni del 1876, caratterizzate da brogli vistosi e tre mesi di contestazioni e colpi di mano, si raggiunse un compromesso solo a fine gennaio e non sulla base di un riconteggio dei voti ma con uno scambio politico (la Casa Bianca ai repubblicani antischiavisti in cambio della possibilità per i democratici del Sud di togliere i diritti politici ai neri appena emancipati).
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