Se
settembre ha rappresentato una correzione dovuta a fattori interni al mercato, quella iniziata in queste ore fa riferimento alla realtà esterna e proprio per questo si presenta più difficile e insidiosa. Quando i problemi sono interni (sbilanciamento delle posizioni, eccessi speculativi, grandi carichi di opzioni in scadenza) ne sono note in generale le dimensioni e ricalibrare prezzi e posizioni è veloce e semplice. Si vanno a cercare le mani deboli, le si bacchetta e si sfilano loro titoli che compratori più solidi in agguato sono ben lieti di acquistare.
Quando i problemi sono esterni, la loro tempistica è più difficile da definire e questo frena i potenziali compratori, che rimangono volentieri alla finestra.
Il pacchetto fiscale americano da due trilioni per i mercati, nel breve, è ancora più importante dell'esito del voto del 3 novembre ed è nelle mani della politica. Una volta saltata l'ipotesi di un accordo prima delle elezioni (anche se le proposte democratica e repubblicana si sovrappongono per l'80 per cento e divergono solo sul punto, politicamente molto sensibile, dell'aiuto agli stati indebitati), il pacchetto slitta ora in un tempo indefinito compreso tra dicembre e febbraio-marzo.
Ancora più difficile, in realtà impossibile, è dare un orizzonte temporale alla pandemia quando siamo ancora ben lontani dai mesi più pericolosi, tra gennaio e marzo.
Non contribuiscono a creare un clima costruttivo le parole della Merkel sull'economia tedesca che non sarà in grado di sopportare una seconda ondata di Covid. L'economia tedesca ha sopportato due guerre mondiali e la divisione del paese per mezzo secolo e quindi la Merkel non va presa alla lettera, ma il suo monito, inteso a sensibilizzare sulla necessità di comportamenti prudenti, tradisce anche una sensazione d'impotenza (che mai sarebbe sfuggita a un leader americano o cinese) o, meglio, di scarsa disponibilità verso ulteriori misure di sostegno all'economia. È lo stesso atteggiamento che si riscontra nei componenti tedeschi della Bce che, pur senza chiudere formalmente le porte di fronte a un incremento degli acquisti di Quantitative easing, cercano con ogni pretesto di rinviare la decisione.
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