I
velociraptor hanno forse i giorni contati, ma il terreno che li ha creati rimarrà fertile per un altro anno. Powell ha ribadito che tenere in ordine il mercato non è la sua priorità in questo momento.
L'America è del resto l'unica area del mondo che vuole davvero reflazionare. L'Europa cerca solo di stare a galla e l'Asia pensa a crescere.
La
reflazione, si sa, può avere effetti collaterali. Uno di questi, in borsa, è che su ribasso si compra, non si vende. Anche questa volta.
In questi giorni non pochi commentatori usano l'esuberanza degli investitori individuali per esprimere l'idea di un grande disordine speculativo e di un mercato fragile e sempre più volatile che va evitato. Si ingigantisce un fenomeno che tocca un decimo del mercato per gettare ombra sull'intero. Certo, una fase di consolidamento è doverosa in un momento delicato della pandemia e di incertezza sui vaccini, ma un'inversione di tendenza richiede ben altre condizioni.
La cosa all'orizzonte che gli investitori devono temere di più nei prossimi 12-18 mesi è l'annuncio del tapering (la diminuzione degli acquisti di titoli) da parte della Fed. Memore della volatilità creata nel 2013 in una circostanza analoga, la Fed cercherà di realizzarlo nel modo più graduale e lento possibile, ma un ribasso anche rilevante dei corsi, per qualche settimana, sarà allora inevitabile. Non fasciamoci la testa però prima del tempo.
Il tapering non ci sarà prima della fine dell'anno e, se ci sarà, vorrà dire che la pandemia sarà sotto controllo e che la ripresa sarà così forte da potere cominciare a camminare con meno sostegni esterni.
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