Oggi ci troviamo a combattere
due guerre contemporaneamente, quella al
Covid e quella ai
cambiamenti climatici. La definizione del nemico è squisitamente politica, ovvero discrezionale, anche quando è il nemico a fare la prima mossa aggressiva. Ai tempi della Spagnola del 1919-20, dell'Asiatica del 1957- 58 e della sua seconda ondata del 1968 non fu dichiarata nessuna guerra economica o politica al virus aggressore, la vita per chi sopravvisse continuò normalmente e la guerra medica si limitò quasi ovunque alle mascherine. Guardando oggi ai grafici del Pil, dei tassi e delle borsa di quegli anni non si nota nessun effetto diretto delle pandemie.
Allo stesso modo nella storia umana, costellata da cambiamenti climatici anche catastrofici (si pensi ai miti sul diluvio universale presenti in tutte le culture del Levante dall'età del bronzo), è la prima volta che si intraprende una guerra preventiva a questi cambiamenti.
Fino ad oggi le guerre climatiche non erano mai state guerre al clima, ma guerre tra uomini originate o radicalizzate da epidemie o carestie a loro volta, ma non sempre, generate da cambiamenti climatici.
Covid e clima non sono solo nemici individuati convenzionalmente (un marxista direbbe che sono storicamente determinati), ma sono anche, come del resto lo è stato il terrore nei decenni recenti,
nemici complessi da definire. Oggi per le borse la pandemia è praticamente finita, nella realtà ci sono aree del mondo in cui sta iniziando adesso e altre ancora in cui prosegue a ondate. Anche se ci sono ragionevoli motivi per pensare che in tempi non troppo lunghi sarà sotto controllo, ci saranno per anni focolai e varianti che forniranno la ragione (o il pretesto, da altri punti di vista) per non abbandonare le politiche dell'emergenza o comunque per allentarle molto lentamente. Ripetiamo,
il Patriot Act e i tassi vicini a zero, vent'anni dopo, sono ancora tra noi e lo resteranno probabilmente a lungo.
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