Così facendo, ha spinto al rialzo il
rendimento del Treasury dall'1.10 di metà gennaio all'1.74 di fine marzo mentre ha comprato l'euro, come poi si è visto, sui massimi di periodo, ovvero a 1.23 contro dollaro.
Si noti che mentre il primo approccio, investire sul tema maggiore della ripresa, è stato scelto dal
denaro tranquillo (il real money) che non usa la leva, il secondo è stato seguito soprattutto da una parte dello
smart money, che la leva la usa aggressivamente. Questo significa che quando l'euro ha perso forza propulsiva (prima in gennaio e poi in maggio), quando le materie prime hanno smesso di accelerare in modo sempre più parossistico e quando i bond, che sembravano lanciati verso il due per cento, hanno notato che la Fed non batteva ciglio di fronte all'inflazione, questi investitori si sono ritrovati stracarichi di euro e di materie prime e stracorti di bond e hanno dovuto chiudere affannosamente le loro posizioni, trascinando loro stessi i mercati nella direzione contraria a quella che avevano immaginato.
A oggi, considerando conclusa la fase della liquidazione di queste posizioni speculative,
chi ha seguito il secondo approccio si ritrova perdite sui cambi e un modesto utile, rispetto a gennaio, su materie prime e bond. Ha quindi chiuso in pari da una parte, ma si è regalato molte notti agitate dall'altra.
Con questa lettura abbiamo dunque un movimento naturale e fisiologico (quello della ripresa) che è stato affiancato da un'onda anomala che prima ha creato eccessi in una direzione e poi è rifluita completamente.
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