Nei giorni scorsi
due prese di posizione, in apparente contrasto tra loro, hanno colpito l'attenzione.
La prima è di David Bianco, già ottimo strategist azionario con grande e certosina capacità analitica e oggi gestore.
Bianco, che è stato solidamente rialzista per tutto il decennio scorso, vede ora anni di crescita modesta per le borse. Gli utili infatti cresceranno lentamente e i multipli inizieranno a sentire la pressione dei tassi, che presto o tardi si farà sentire.
La seconda è il discorso d'addio alla Bank of England di Andy Haldane, che per trent'anni è stato una delle sue teste più brillanti. Nella sua godibilissima ricostruzione di questi trent'anni Haldane tesse le lodi della politica di
inflation targeting di cui è stato in Inghilterra il principale architetto, ma cambia bruscamente tono quando passa ad esaminare i rischi che il vistoso allentamento di questa politica comporta per la prossima fase.
Haldane parla nel giorno in cui l'inflazione inglese sale bruscamente dal due al tre per cento e ritiene verosimile che per fine anno si avvicini al quattro. A quel punto, dice, non c'è solo il rischio ma la quasi certezza che quella dell'inflazione elevata diventerà la narrazione dominante e che le pressioni lungo tutta la curva dei rendimenti provocheranno un loro rialzo. A quel punto la politica monetaria vivrà un Minsky moment e sarà costretta a ripristinare la sua credibilità con misure restrittive più incisive di quanto non si aspettino oggi i mercati.
È la versione inglese dell'idea di Summers e Furman, con la differenza che Summers, per prudenza anche politica, la presenta come rischio, mentre Haldane, con la libertà che gli è concessa dall'essere in uscita dalla Bank of England, la ritiene scenario centrale.
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