Il
caos energetico di questi giorni sarà da benedire se indurrà, come è probabile, un ritorno alla lavagna per rimodulare le priorità della transizione. Arriveranno poi nuovi progressi nello storaggio delle rinnovabili, nella fusione nucleare, nell'idrogeno e in chissà che altro e potrà allora iniziare la transizione 3.0. Come dimostrò Popper, tuttavia, il ritmo e la direzione delle scoperte scientifiche e delle loro applicazioni non è mai prevedibile ed è anche per questo che la transizione 2.0 dovrà essere solida e autosufficiente.
Con il rialzo strutturale del prezzo dell'energia i produttori di fossili si manterranno in vita ancora molti anni, ma rimarranno sottovalutati. Alla fine resteranno i produttori statali e poche grandi società quotate che si fonderanno tra loro. I privati piccoli e i grandi più redditizi verranno ritirati dalle borse e saranno una preda interessante per il private equity.
I produttori di rinnovabili avranno ovviamente praterie davanti a sé, ma tenderanno alla sopravvalutazione e dovranno fronteggiare un aumento dei costi. Le società elettriche, dal canto loro, godranno di un ampio sviluppo della domanda ma nel selezionarle andrà valutata l'erraticità o la stabilità delle politiche fiscali e regolatorie nei loro riguardi.
In conclusione,
abbiamo evitato in extremis l'avvitamento che l'esplosione dei prezzi dell'energia rischiava di comportare trascinando verso il basso la siderurgia, il cemento, i fertilizzanti, la chimica e, alla fine, i consumi finali. Abbiamo anche evitato la drammatizzazione dello scontro politico americano. È comprensibile che i mercati tirino un sospiro di sollievo e si preparino a esplorare la possibilità di nuovi massimi per fine anno.
Non dimentichiamoci però del viaggio di questi giorni nel lato oscuro. Non dimentichiamoci che esiste, che è strutturale e che, in quanto strutturale, è destinato a ripresentarsi presto o tardi.
"