Questo
brusco risveglio nel nuovo mondo in cui la domanda funziona meglio ma l'offerta funziona peggio ha fatto esplodere la narrazione a reti unificate e costretto tutti a riprendere a ragionare con la propria testa e formulare nuove ipotesi sul presente e sul futuro. È così iniziata una fase meno gratificante per i portafogli ma molto più ricca e stimolante sul piano intellettuale.
Accanto alla narrazione ufficiale, che ha continuato comunque a ispirare una parte significativa del mercato, sono così emerse altre ipotesi fortemente differenziate tra loro. Le raggruppiamo in tre paradigmi di ricerca e le riassumiamo brevemente.
Stagflazione. Anche l'orrido ha il suo fascino e la stagflazione esercita in questo momento una suggestione anni Settanta che diventa quasi irresistibile se all'inflazione persistente e alla crescita in calo si va a sommare una crisi energetica. È un'ipotesi molto utile a creare stupore e disappunto ma manca, come minimo, di una delle due gambe su cui dovrebbe marciare, ovvero la stagnazione.
Rischi di recessione e deflazione. Questa è un'ipotesi presentata come scenario di coda dai suoi stessi sostenitori, ma è interessante nella sua radicalità. Ha del resto molti precedenti storici nelle economie di guerra in cui al boom di spesa finanziato con moneta o debito subentra, a guerra finita, una recessione accompagnata prima da inflazione e poi da deflazione (si pensi alla depressione del 1920-21).
Chi avanza questa ipotesi mette in evidenza la
frenata cinese, la
spinta deflattiva derivante dalla crisi immobiliare, la difficoltà crescente a trovare nuovi progetti di infrastrutture che abbiano un senso economico e la conseguente volontà della dirigenza cinese di non percorrere più questa strada.
Alla Cina si aggiunge la
possibilità di una crisi energetica globale strisciante e permanente che distrugge domanda nell'industria e toglie potere d'acquisto alle famiglie.
Si sottolinea poi come
l'inflazione salariale non compensi la perdita di potere d'acquisto e si unisca al fondo depressivo creato dalla pandemia nel rendere più debole del previsto la ripresa dei consumi.
C'è poi la possibilità di errori di policy simili a quelli commessi durante il New Deal, con restrizioni fiscali e monetarie premature che, in presenza di un livello di indebitamento che non ha precedenti, rischiano di soffocare sul nascere una ripresa fragile.
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