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Il costo della guerra

La difficoltà di valutare gli aspetti strategici


Andò molto diversamente tra il marzo 2002 e il marzo successivo, allorché un anno di attesa logorante della seconda guerra del Golfo (le guerre di oggi richiedono una lunga preparazione) fece perdere un terzo del suo valore allo Standard and Poor's, che completò in questo modo lo sgonfiamento della bolla di Internet del 1999-2000.

Il conflitto russo-ucraino, dal canto suo, è difficile da prezzare perché ha una natura ibrida militare, strategica ed economica. L'aspetto militare, almeno sulla carta, è quello che potrebbe preoccupare meno i mercati. Una guerra breve, circoscritta nello spazio, limitata (augurabilmente) alle infrastrutture e al cyberspazio e conclusa con l'installazione di un governo filo-russo a Kiev potrebbe essere considerata un conflitto regionale di media intensità. Simile, anche se più ampio, alla guerra russo-georgiana del 2008.

Le cose si complicano parecchio se si passa al piano strategico. Ci riferiamo qui non tanto alla ridefinizione delle sfere d'influenza in Europa (una grande questione che però non tocca direttamente i mercati) quanto al premio per il rischio da attribuire da qui in avanti alle azioni e ai bond europei. Anche nel caso puramente ipotetico in cui non venisse applicata nessuna sanzione nell'immediato, come prezzare un'impresa manifatturiera tedesca alla quale da un giorno all'altro, nei prossimi anni, potrebbe venire a mancare l'energia russa che manda avanti i suoi impianti? Come prezzare il rischio che una serie di attentati ai gasdotti ucraini attraverso i quali passa quasi tutto il gas russo, blocchi un giorno la produzione industriale europea? Come prezzare la richiesta di maggiori spese militari che ci arriverà dall'America?

Il terzo aspetto da considerare, quello su cui i mercati si concentreranno di più nei prossimi giorni, è quello delle ricadute economiche delle sanzioni senza precedenti che vengono preannunciate. Escludere la Russia dal sistema di transazioni valutarie Swift renderebbe molto difficile le importazioni russe, che sono però, dall'altro lato, esportazioni europee. Le auto tedesche tanto amate dai russi smetterebbero di sfrecciare lungo i viali di Mosca e di San Pietroburgo.

D'altra parte, smettere di acquistare il gas russo sarebbe più facile a dirsi che a farsi. Certo, nel mondo il gas naturale è abbondante, ma per farlo arrivare in Europa occorrono gasdotti tutti da costruire e rigassificatori, anche questi in gran parte da costruire, che rendano utilizzabile il gas liquido trasportato via mare. Sono infrastrutture che richiedono anni, non mesi, e che non metterebbero comunque al riparo da rialzi ulteriori del prezzo del gas.
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