L'ottobre scorso, a inflazione già in veloce crescita, la Bce ci rassicurò.
L'inflazione media, disse, scenderà nel 2022 all'1.7 per cento.
Siamo invece saliti al 9.1 e tutto fa pensare che saliremo ancora.
Colpa della guerra, si dice, che ha fatto aumentare il prezzo dell'energia. Andando a guardare meglio, tuttavia, si nota che il
prezzo del petrolio Brent, nell'ottobre scorso, aveva già raggiunto gli 86 dollari. Oggi è a 94 e non si può quindi parlare di un aumento così rilevante. Quanto al gas, una parte significativa dei rincari deve ancora scaricarsi sulle bollette delle famiglie, e quindi sull'indice dei prezzi al consumo. Petrolio e gas, del resto, sono rincarati anche per la Svizzera, che ha però un'inflazione del 3.4 per cento.
La
guerra fa la sua parte, ma
è solo una delle cause dell'inflazione europea. Le politiche monetarie e fiscali dell'eurozona nel 2020 e nel 2021 sono state ultraespansive quasi come quelle americane. Includendo la svalutazione dell'euro, che alla fine dal 2020 valeva 1.23 dollari e oggi è sotto la parità, si può addirittura sostenere che
l'Europa ha reflazionato più dell'America.
Per più di un anno la
Bce ha negato l'evidenza e
ha sostenuto che l'inflazione sarebbe scesa rapidamente sotto il 2 per cento. Con questa giustificazione ha mantenuto i tassi sotto zero fino al 20 luglio. Ha così attuato un massiccio trasferimento di ricchezza dai creditori ai debitori e continuerebbe ancora a farlo se non fosse che l'inflazione ha nel frattempo messo radici e sta diventando difficile da gestire. Tre quarti dei beni inclusi nel paniere europeo dei prezzi al consumo hanno un'inflazione superiore al 2 per cento.
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