(Teleborsa) -


Dopo la Francia, anche l’Italia si accinge ad introdurre la “sua” Webtax.

Le stime di Palazzo Chigi e del Mef affermano che, grazie all’entrata di questa nuova tassa, le casse dello stato si andranno ad arricchire di una cifra che si avvicina al miliardo di euro e che, per migliorare il deficit italiano, alletta molto sia il governo sia L’Europa.

Per ora, all’interno della bozza di emendamento, si presuppone «un'aliquota del 3% all’ammontare dei ricavi tassabili realizzati dal soggetto passivo in ciascun trimestre». «L’imposta sui servizi digitali», ha l’obiettivo specifico di colpire le imprese con ricavi ovunque realizzati che toccano almeno i 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni e, visto il giro d'affari, è chiaro che nel mirino dell'esecutivo ci sono le multinazionali del web.

L’emendamento alla Finanziaria descrive l’attuazione attraverso tre percorsi diversi ma uniti l’uno all’altro: In Primis la veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia, poi la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consenta agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi ed infine, ma solo in ordine di citazione, la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.

Per la piena operatività della nuova digital tax made in italy si dovranno comunque attendere, sempre secondo la bozza dell’emendamento, almeno 4 mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio, a causa delle regole attuative che coinvolgono il Mef, Mise, le authority delle comunicazioni, quella della privacy e l’agenzia dell'Italia digitale.