(Teleborsa) - Dichiarazioni improntate alla cautela giungono da Goldman Sachs che non vede fiammate dei prezzi che potrebbero portare le quotazioni del greggio a scavalcare la soglia dei 60-70 dollari al barile. Tuttavia avverte che alcune situazioni di incertezza, come gli scontri in Libia, le sanzioni statunitensi sul Venezuela, la riunione di fine giugno dei Paesi OPEC e non OPEC che dovrà riesaminare il patto di riduzione della produzione, potrebbero condizionare l'offerta e di conseguenza determinare l'andamento dei prezzi dell'oro nero.

Le quotazioni di greggio, dopo la performance positiva del primo trimestre di quest'anno (WTI +30%, Brent +19%), hanno premuto sull'acceleratore tanto che, durante questa prima settimana di aprile, il WTI e il Brent si sono spinti, rispettivamente, oltre la soglia dei 60 dollari e 70 dollari.

"Abbiamo registrato un quarto trimestre particolarmente negativo, quindi a questo punto c’è da capire quanto abbiamo recuperato finora", ha detto Jeff Currie numero uno sulle materie prime di Goldman Sachs nel corso di un'intervista concessa in occasione della 27° Conferenza mediorientale di metà anno su petrolio e gas che si tiene a Dubai. "In un'ottica più di largo respiro, non riteniamo che torneremo ancora a quei livelli, sopra gli 80 dollari, anche se registreremo ancora qualche rialzo".

Di riflesso, ha aggiunto Currie, "ci attendiamo rialzi a 70-75 dollari il barile" con possibili ritorni nella fascia dei 60 dollari a causa di tre fattori: la crescita degli oleodotti negli Stati Uniti, la possibile fine dei tagli alla produzione da parte dell'OPEC e l'offerta crescente dai Paesi non facenti parte del cartello (non OPEC). Si tratta di elementi "che manterranno i prezzi nella parte bassa del range".