(Teleborsa) - Brusco risveglio per il settore petrolifero. In apertura il prezzo del greggio Brent è sceso anche a 31,30 dollari al barile (27,38 il WTI) per poi risalire fino ai 36 dollari (sopra ai 32 il WTI). Registrato così un calo fino a un terzo del proprio valore, una perdita paragonabile a quella registrata prima della Guerra del Golfo del 1991.

A pesare è l’incertezza innescata dal mancato accordo sul taglio alla produzione lo scorso venerdì tra l’Opec e paesi non-Opec guidati dalla Russia e dalla conseguente decisione dell’Arabia Saudita di abbassare i prezzi: nel fine settimana Riyad ha “scontato” i barili di 6/8 dollari.

È messa a dura prova quindi la tenuta del cosiddetto OPEC+, l’alleanza stretta tra i partecipanti al cartello petrolifero e gli altri produttori (esclusi gli Stati Uniti), dopo più di tre anni di cooperazione a sostegno del mercato.

In particolare, a preoccupare il mercato è la decisione del cartello dei paesi produttori di petrolio di eliminare qualsiasi limite alla produzione a partire dal 1° aprile, con l’intenzione dell’Arabia Saudita, secondo un’indiscrezione raccolta da Reuters, di far salire la propria produzione oltre i 10 milioni di barili al giorno (rispetto ai 9,7 attuali).

Non sono arrivati messaggi di distensione nemmeno dalla Russia. Venerdì, a valle dell’incontro, infatti, Alexander Novak, il ministro dell’Energia di Mosca, aveva sottolineato che la decisione presa liberava tutti i paesi produttori dai vincoli di produzione.




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