(Teleborsa) - Cambiamenti all'orizzonte per il fuori casa all’italiana con i locali che si adeguano alle nuove abitudini: menu più snelli, più delivery e asporto, ma anche attenzione al fattore prezzo, orari più flessibili e all-day-dining, investendo in media 20mila euro, (per 6 locali su 10) per intercettare nuove occasioni di consumo. E la birra è al centro di questo riorientamento dell’Horeca: chiara (56,2%) o artigianale (45,3%) è la più consumata. Già oggi, è un ingrediente strategico per la ripresa dei luoghi del fuori casa. Se per il 35,9% dei locali italiani la birra è già oggi centrale nella propria offerta (e per questo non crescerà in futuro), il 60,6% dei rispondenti dice che ci sarà sempre più birra domani nei loro locali, principalmente per 3 ragioni: è sempre più richiesta; è poco o per nulla alcolica e permette una buona marginalità.


Fatto sta che se oggi per il 64,5% dei locali la birra rappresenta più del 25% del proprio business, colpisce vedere che nelle previsioni a 5 anni la quota di chi dipenderà per metà degli incassi dalla birra passerà dall’attuale 16,7% al previsto 30,2%.

Vino bianco e rosso rispettivamente finiscono al terzo posto (43,8%), cocktail e spirits al quarto (42,7%), lo spumante al quinto (19,8%). E un ruolo sempre crescente lo rivestono le birre low-alcohol e analcoliche (10,4%). Sono questi i principali risultati di uno studio commissionato dall’Osservatorio Birra all’Istituto Piepoli, che ha intervistato 200 gestori e proprietari di ristoranti, pizzerie, bar, pub, hotel e locali del Paese, mostrando attese, investimenti e speranze per il futuro degli addetti ai lavori di un settore che conta oltre 300mila pubblici esercizi.




Lo studio mostra quanto il Covid abbia lasciato il segno sul fuori casa. Negli ultimi 2 anni, la metà dei locali (53,1%) ha avuto un calo di fatturato. E 1 su 5 (22,9%) è stato costretto a ridurre il personale. Il 60,4% dei locali, dopo la pandemia, hanno cambiato profondamente il loro business, rivedendo prezzi e offerta (34,4%), aprendosi al delivery e all’asporto (21,9%), immaginando menù con meno portate (19,8%) e ampliando le fasce orarie di apertura, per intercettare nuove occasioni di consumo (16,1%).

Nonostante le difficoltà, il 58,3% dei locali, sta però facendo investimenti (in media entro i 20 mila euro) per adeguarsi alle nuove esigenze di oggi e, soprattutto, di domani. Per un fuori casa che sta cambiando, il primo trend attivo è quello di un ritorno alla tradizione, all’insegna della qualità (58,3%), di cui parla anche il boom delle trattorie moderne, quelle del “cibo come una volta” (12,5%). Seconda tendenza emergente, quella che parla di più sostenibilità nel piatto e nel bicchiere (12,5%). Terzo asse del cambiamento è la flessibilità, che si traduce in ampliamento delle fasce orarie di aperture e servizio e nella formula dell’all-day dining (17,7%).