(Teleborsa) - "La possibilità riconosciuta alla concessionaria dall'ordinamento di reperire ulteriori finanziamenti sia sul mercato interno che sui mercati internazionali, appare allo stato assolutamente ipotetica. Infatti, la raccolta sul mercato di ulteriori risorse che, essendo l'opera interamente finanziata, non risulterebbero necessarie alla realizzazione della medesima, appare oggi una mera ipotesi priva non solo di necessità ma, altresì, di qualsiasi legittimazione". È quanto si legge nelle motivazioni, depositate ieri, della sentenza del 17 novembre scorso quando la sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei conti ha bocciato il decreto ministeriale, sul tema dei finanziamenti per la costruzione del Ponte sullo Stretto, che in origine prevedeva anche risorse private per il 60%. Per i magistrati contabili il terzo atto aggiuntivo, che regola i rapporti tra il Ministero dei Trasporti e la società concessionaria Stretto di Messina, è "incompatibile" con le norme Ue.
Tra i punti messi in evidenza vi è la direttiva europea che disciplina la modifica di contratti durante il periodo di validità. Viene sottolineata l'incertezza sul costo complessivo dell'opera. "La valutazione degli aggiornamenti progettuali in misura pari a euro 787.380.000, in quanto frutto di un'attività di mera stima, – scrivono i giudici – rende possibile il rischio di ulteriori variazioni incrementali, incidenti sul superamento della soglia del 50% delle variazioni ammissibili".
"Una simile differenza di finanziamento dell'opera è tale da modificare sostanzialmente la natura del contratto. Infatti, la circostanza che l'opera sia completamente finanziata con fondi pubblici cambia la natura del contratto perché libera la concessionaria dalla necessità di reperire aliunde risorse finanziarie e modifica, conseguentemente, anche il rapporto tra questa e il contraente generale. Tale circostanza concreta un'ipotesi di modifica sostanziale del contratto in quanto – rileva la Corte – introduce una modifica dell'assetto contrattuale che non solo cambia l'equilibrio economico del contratto a favore dell'aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale ma crea una condizione che, se fosse stata conosciuta al momento della procedura d'appalto iniziale, avrebbe potuto attrarre candidati diversi ed ulteriori rispetto a quelli inizialmente selezionati, in considerazione della più favorevole condizione di finanziamento dell'opera" sottolineano i giudici, facendo presente che "tra i motivi che giustificarono, nel 2012, l'interruzione della realizzazione dell'opera – con le inevitabili conseguenze sui rapporti contrattuali – vi era anche la difficoltà di reperire idonei capitali sul mercato".
Dopo lo stop imposto dalla Corte dei Conti il governo è intervenuto con un emendamento alla manovra per adeguare il cronoprogramma del Ponte sullo Stretto. La modifica prevede lo slittamento di 780 milioni di euro al 2033, mantenendo però invariato il valore complessivo delle risorse autorizzate, pari a 13,5 miliardi di euro. E secondo l'amministratore delegato della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, l'esecutivo "ribadisce l'impegno" per la realizzazione del ponte e il provvedimento "conferma gli stanziamenti per l'opera".
Ponte stretto, Corte dei conti: "Decreto incompatibile con regole Ue"
17 dicembre 2025 - 10.53