(Teleborsa) - Rallenta la manifattura europea, che dà un segnale di indebolimento a luglio, preludendo ad una nuova fase di stagnazione dell'economia nel secondo semestre dell'anno. Sarà anche l'effetto della Brexit, che ha spinto anche le Istituzioni internazionali a tagliare le stime di crescita.

Secondo l'analisi condotta da Markit, il PMI maniffatturiero è visto in calo a 51,9 punti rispetto ai 52,8 di giugno (rivisto da un iniziale di 52,9). Il dato preliminare diffuso oggi risulta anche sotto le attese che indicavano un 52. L'attività resta ancora in zona espansione, dato che risulta superiore alla soglia critica dei 50 punti, ma la crescita si porta sui minimi da 1 anno e mezzo.

Anche il PMI dei servizi è atteso in rallentamento a 52,7 punti da 53,8, valore minimo da 18 mesi, a conferma che il commercio e terziario non sono in una situazione molto migliore. Il PMI composito dovrebbe dunque attestarsi a 52,9 da 53,1 punti.

Considerando le maggiori economie dell'Eurozona, il manifatturiero rallenta sia in Germania (53,7 punti da 54,5) sia in Regno Unito (49,1 da 52,1), dove scivola ai minimi dall'inizio del 2009.

“Considerato il referendum che ha deciso l’uscita del Regno Unito dall'UE e l’ulteriore attacco terroristico in Francia, l’economia dell’eurozona ha mostrato una sorprendente ripresa", commenta il capo economista di Markit Chris Williamson, suggerendo come il PIL stia crescendo dell'1,5% annuo, un tasso che definisce "sofferente ma ragionevolmente stabile".

“E’ particolarmente incoraggiante osservare come continua a migliorare il tasso di crescita occupazionale, e pare che la volontà di assumere delle aziende, specialmente quella della Germania, non sia affetta dall'incertezza causata dal Brexit", aggiunge Williamson, giustificando anche l'indebolimento del settore dei servizi come prodotto dell’instabilità politica ed economica causata dal referendum inglese.