(Teleborsa) - Approda alla Camera il disegno di legge di riforma della normativa sui condomini a firma di Elisabetta Gardini e altri 9 deputati. Secondo il provvedimento in 17 articoli presentato da FdI, gli amministratori dovranno essere laureati (laurea anche, anche triennale, in maniera in materie economiche, giuridiche o scientifiche e tecnologiche), verrà istituito un albo per questa professione presso il Mimit e introdotto l'obbligo di nomina di un revisore dei conti terzo per i condomini più grandi (oltre 20 condomini). Il provvedimento in discussione prevede inoltre il divieto di pagamenti in contanti con l'obbligo di eseguirli su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio medesimo.

La riforma prende le mosse dalla constatazione che "il 35 per cento del contenzioso civile in Italia è rappresentato da controversie condominiali e, tra queste, le impugnazioni dei rendiconti e i procedimenti per la riscossione forzosa dei contributi condominiali rappresentano una parte sempre più significativa".

Novità in caso di morosità. "I creditori – si legge nel testo – possono agire sulle somme disponibili sul conto corrente condominiale per l'intero credito vantato e, in via sussidiaria, sui beni dei condomini nella misura della morosità di ciascuno. Per il residuo debito dopo l'infruttuosa escussione dei morosi, i creditori possono agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, i quali rispondono in proporzione alla quota di partecipazione alla spesa e hanno azione di regresso contro i morosi per quanto ancora dovuto da ciascuno di essi".

All'articolo 3 si prevede inoltre che "le informazioni relative alla sicurezza delle parti comuni dell'edificio siano verificate e certificate" da una società specializzata.

Se il condominio non provvede alla nomina del revisore condominiale certificato, terzo e indipendente, che verifichi la contabilità del condominio, certifichi il rendiconto condominiale redatto dall'amministratore, la nomina viene fatta dall'autorità giudiziaria "su ricorso di uno dei condomini". L'incarico dura due anni e non è tacitamente rinnovabile.

Più semplice invece il rinnovo dell'incarico per l'amministratore che avviene automaticamente di anno in anno a meno di un parere contrario dell'assemblea. Niente rinnovo automatico invece per il revisore che dura in carica 2 anni. Il ddl intende dare l'addio, si legge nell'introduzione al testo di legge, a quella che viene definita la figura "ormai anacronistica del condomino-amministratore privo di qualsivoglia formazione, il quale non può più garantire gli interessi del condominio e degli altri soggetti coinvolti, ancor meno quelli economico-sociali, e che, ciò nonostante, ancora oggi può occuparsi della gestione di immobili anche molto complessi, con i conseguenti e gravosi carichi di responsabilità".

Il ddl 2692 preoccupa però gli amministratori che prevedono oneri in più, e non solo economici, per tutti. Nei giorni scorsi l'Anammi, l'Associazione nazional-europea amministratori d'immobili, ha lanciato l'allarme sostenendo che la riforma "non farebbe che rendere ancora più onerosa l'attività" di chi se ne occupa, "senza fornire soluzioni realistiche ai problemi di gestione" degli edifici. "Inserire nella gestione delle parti comuni e del bilancio addirittura una seconda professionalità – sottolinea il presidente dell'associazione Giuseppe Bica – significa aumentare le spese per i nostri condòmini, in un quadro economico che, secondo i nostri dati, ha visto aumentare la morosità di almeno il 20%. Lo stesso obbligo di revisione dei bilanci rappresenta un costo pesantissimo, che sarà scaricato sui cittadini e sui professionisti".