(Teleborsa) - La mossa di Boris Johnson di sospendere il Parlamento fino al 14 ottobre con la "prorogation" sta sconvolgendo la politica britannica e non solo.

In poco meno di mezza giornata ha raggiunto oltre un milione di firme la petizione contro la sospensione del Parlamento: nell'istanza si chiede che il Parlamento non sia "sospeso o sciolto a meno che e fino a quando il periodo dell'articolo 50 non sia stato sufficientemente esteso", in riferimento alla parte del Trattato di Lisbona sulle modalità con cui un paese può lasciare l'Ue, "o l'intenzione del Regno Unito di ritirarsi dall'UE sia stata annullata".

Nel frattempo, per le strade di Londra si sono già viste le prime manifestazioni contro la decisione di BoJo, come viene chiamato il premier inglese: in molti si sono ritrovati davanti a Westminster per chiedere al primo ministro di ritirare la prorogation e lasciare il Parlamento libero di lavorare sulla Brexit.

La mossa di Johnson non è piaciuta ovviamente ai labour: il leader Jeremy Corbyn ha definito la scelta del premier conservatore un "colpo durissimo" e un "oltraggio" per la democrazia, chiedendosi di "che cosa ha paura" Johnson nel confronto con il Parlamento.

Stessi toni duri sono stati usati dalla premier scozzese Nicola Sturgeon (ricordiamo che in Scozia al referendum del 2016 vinse il remain) che ha chiamato la mossa di Johnson un "oltraggioso assalto" alla democrazia con cui la Gran Bretagna è "passata da una leadership a una dictatorship", una dittatura.

A essere contrari però sono stati anche molti tories, a partire dalla leader del Partito Conservatore in Scozia, Ruth Davidson, che ha presentato le sue dimissioni, menzionando nella sua lettera il "conflitto che ho vissuto sulla Brexit" da convinta "remainer". A dimettersi è stato anche Lord George Young, capogruppo tory alla Camera dei Lord e parlamentare di lungo corso: nella lettera, Lord Young si è detto "molto scontento dei tempi e della lunghezza della proroga [...] che di minare il ruolo fondamentale del Parlamento".

Contro la prorogation si sta inoltre muovendo Gina Miller, avvocata, attivista e filantropa che già nel 2016, all'indomani del referendum, era riuscita a ottenere dalla Corte un passaggio obbligato in Parlamento per l'applicazione dell'articolo 50: Miller ha infatti lanciato una campagna per fermare il "piano cinico e codardo" di Johnson in Tribunale.