(Teleborsa) - La crisi pandemica non si è tradotta in una emorragia di posti di lavoro in Italia, grazie ad una serie di misure predisposte dal governo, come il blocco dei licenziamenti e la Cig Covid, ma la situazione appare ben diversa per i precari, che scontano maggiormente le difficoltà dell'economia. Nel frattempo la parità salariale appare ben lontana, con le donne che continuano a percepire stipendi pià bassi degli uomini.

E' quanto emerge dall'Osservatorio INPS sui dipendenti del settore privato, dove si analizzano le varie posizioni, compresi i lavori intermittenti ("a chiamata") ed in somministrazione (tramite agenzie lavoro).

Le retribuzioni: conferma dei gap su donne e Mezzogiorno

L'Osservatorio mostra che, fra i lavoratori dipendenti del settore privato, la retribuzione media nel 2020 è stata pari a 20.658 euro con una media di 223 giornate retribuite.

Lo stipendio aumenta al crescere dell'età fino alla classe 55–59 ed è costantemente più alto per gli uomini, che percepiscono in media 23.859 euro, contro i 16.285 euro percepiti dalle donne. Ne deriva che le donne in media hanno avuto retribuzioni del 31,2% inferiori a quelle degli uomini anche se il dato risente anche del numero di giornate retribuite, più basso per le donne.

A livello territoriale le retribuzioni medie nel 2020 presentano valori più elevati nelle due ripartizioni del Nord: rispettivamente 24.533 euro nel Nord-ovest e 21.942 nel Nord-est, con un forte divario rispetto alle ripartizioni del Mezzogiorno, contrassegnate anche da valori più bassi di numero medio di giornate retribuite nell’anno.

Per i lavori "a chiamata" la retribuzione media annua è stata pari a 1.869 euro, ma aumenta all’aumentare dell’età, con la classe 60-64 anni che è arrivata a percepire in media 2.795 euro.

Per i lavori in somministrazione la retribuzione media annua è risultata di 9.252 euro , costantemente più alta per gli uomini (10.338 euro) che per le donne (7.691 euro). La classe di età con retribuzione media più alta per le donne è quella dai 30 ai 34 anni con 8.799 euro, mentre per gli uomini è quella dai 40 ai 44 anni con 11.212 euro.

Occupazione tiene ma soffre il lavoro precario

L'effetto della pandemia, pur con il blocco dei licenziamenti, si è fatto sentire nel settore privato, soprattutto sui lavoro "a chiamata" ed in somministrazione.

Nel 2020, infatti, i lavoratori dipendenti erano circa 15,5 milioni, con una differenza di -2,6% rispetto all'anno precedente. A livello qualitativo, hanno sofferto soprattutto gli apprendisti con una diminuzione pari al 5,1%, e gli operai con una flessione del 3,3%. La pandemia non ha dunque avuto particolari impatti sui dipendenti del settore privato, anche per effetto delle misure predisposte dal governo come il blocco die licenziamenti e la CIG Covid (in aggiunta all'utilizzo generalizzato dello smart working>).

La riduzione si è fatta sentire invece sui lavoratori intermittenti, che sono diminuiti del 19% a 542.546 unità, e sui lavori in somministrazione, scesi del 9,9% a 736.032 unità.