(Teleborsa) - L’economia italiana chiuderà il 2025 con una crescita del PIL dello 0,5%, sostenuta principalmente da consumi (+0,8%) e investimenti (+3,2%), in un contesto internazionale ancora caratterizzato da volatilità e tensioni commerciali. È quanto emerge dallo studio EY "Investire in Italia. Ma come? Previsioni sul 2026", presentato a Roma il 18 dicembre nel corso di un digital talk con il contributo di Oxford Economics .

Secondo EY, il mercato M&A resta uno dei principali motori di dinamismo: il 2025 dovrebbe chiudersi con circa 1.350 operazioni annunciate per un valore complessivo vicino ai 70 miliardi di euro, in crescita del 9,5% rispetto al 2024. I fondi di private equity e infrastrutturali rappresentano oltre il 45% delle operazioni su target italiane, con una forte incidenza delle acquisizioni add-on. Parallelamente, gli investimenti outbound delle imprese italiane all’estero aumentano di circa l’11% in numero e di oltre il 50% in valore, concentrandosi soprattutto su Stati Uniti ed Europa occidentale.

Per il 2026, EY prevede una crescita lievemente più dinamica (+0,7%), ancora trainata dai consumi privati (+0,6%) e da investimenti in aumento dell’1,2%, seppur in rallentamento rispetto al 2025. La domanda estera continuerà a fornire un contributo negativo, mentre l’impatto dei dazi statunitensi sul PIL italiano è stimato in -0,1% nel 2025 e potrebbe arrivare fino a -0,5% nel 2026 negli scenari più sfavorevoli.

Marco Daviddi, Managing Partner EY-Parthenon Italia, ha sottolineato che il sistema economico italiano ha mostrato capacità di tenuta, ma resta chiamato ad affrontare criticità strutturali come bassa produttività e dinamiche demografiche. Le principali opportunità strategiche individuate riguardano il rafforzamento del ruolo dell’Italia come ponte verso le economie emergenti, l’adozione dell’intelligenza artificiale come abilitatore di competitività e la riduzione dei costi sistemici del fare impresa .

A livello globale, secondo Oxford Economics, la crescita mondiale è destinata a rallentare sotto il 3% entro fine decennio, con un contesto che rende ancora più centrale, per le imprese italiane, la capacità di adattamento, innovazione e utilizzo delle leve finanziarie e tecnologiche.