(Teleborsa) - Nell'Unione Europea vi sono 122,6 milioni di persone a rischio di povertà ed esclusione, vale a dire quasi un europeo su quattro. Lo rivela il rapporto sui diritti globali promosso dalla Cgil, specificando che all'inizio della crisi le persone a rischio povertà ed esclusione erano 116 milioni.

Alcuni Stati membri hanno percentuali ancor più drammatiche, come la Bulgaria (48%), la Romania (40,4%), la Grecia (35,7%), l’Ungheria (33,5%); a fronte di percentuali tra il 15 e il 16% di Paesi come Svezia, Finlandia, Olanda e Repubblica Ceca.
L'Italia registra il 28,4%, dato dunque superiore alla media europea, per un totale di 17 milioni e 330mila persone.

A fronte di questo drammatico ed eloquente quadro, nel quadriennio 2008-2012 – complessivamente, sebbene in modo molto
differenziato tra i diversi Stati membri – l’Europa ha disinvestito nel welfare, in ossequio agli imperativi dell’austerità e del Fiscal
compact, con un taglio sulla spesa sociale europea per un ammontare totale di circa 230 miliardi di euro.
Anziché essere contrastata, insomma, la crescente povertà – che riguarda sempre più anche chi possiede un lavoro e un reddito –
viene perpetuata, diviene una condizione non transitoria, una sorta di buco nero sociale dove le povertà diventano a bassissima
reversibilità, nel quale è sempre più facile scivolare e da cui è, e sarà, praticamente impossibile uscire.