(Teleborsa) - Mentre la BCE rafforza le aspettative di ulteriori rialzi dei tassi di interesse, la Fed si prepara ad annunciare questa sera un nuovo aumento maxi de costo del denaro di 75 punti, unite da un comune destino: l'inflazione.

"Non lasceremo che si crei un problema durevole di inflazione", ha detto ieri sera la presidente della BCE Christine Lagarde, tenendo un discorso a Francoforte. Poi ha precisato che l'Istituto deciderà le prossime mosse "riunione per riunione" e che il tasso "terminale" cui intende fermarsi con la serie di rialzi "dipenderà da come evolvono le prospettive d'inflazione".

La Fed si prepara ad annunciare stasera un aumento dei tassi di interesse di tre quarti di punto per il terzo meeting consecutivo, portando il costo del denaro ad un range del 3-3,25%, il più alto degli ultimi 14 anni. Ma la banca centrale USA probabilmente ribadirà che prevede di aumentare ancora i tassi entro la fine dell'anno e di mantenerli più alti per un periodo più lungo.

Gli economisti si aspettano che i banchieri statunitensi portino il tasso di riferimento attorno al 4% entro la fine di quest'anno ed è probabile che vi siano anche ulteriori aumenti nel 2023 fino a circa il 4,5%.

Secondo Paolo Zanghieri, Senior Economist di Generali Investments, la Fed "ha ancora molto lavoro da fare", come confermano i recenti dati dell'inflazione, che secondo l'economista "non svanirà rapidamente". "Vediamo un altro aumento dei tassi pari a 75 pb nell’imminente meeting della Fed - afferma l'esperto - ma contempliamo anche un rischio significativo che la banca centrale USA possa diventare più audace, aumentando i tassi di un intero punto percentuale. Dopo l’incremento di 75 pb a settembre, prevediamo un ritmo di stretta leggermente più lento, con un aumento di 50 pb a novembre e un ultimo di 25 pb a dicembre, con rischi inclinati al rialzo. La Fed manterrà quindi il tasso di riferimento al 4% (limite superiore) fino all'inizio del 2024".

Con tassi di interesse più alti del previsto ovviamente cresce la probabilità di recessione per l'anno prossimo, sebbene Powell e gli altri banchieri puntino al cosiddetto "atterraggio morbido", cioè un rallentamento economico senza recessione e senza perdita di posti di lavoro. Uno scenario che diventa di ora in ora più improbabile.

L'ultimo dato dell'inflazione ha segnalato una persistente tensione sui prezzi con un tasso all'8,3%, ben lontano dal livello che farebbe dormire sonni tranquilli. "Lasciarsi trarre in inganno da un ammorbidimento temporaneo dell’inflazione potrebbe avere ora conseguenze ancora più gravi", ha avvertito il membro del Board Christopher Waller, aggiungendo "finché non vedrò una significativa e persistente moderazione dell'aumento dei prezzi di base, sosterrò l'adozione di ulteriori misure di inasprimento della politica monetaria".

E secondo gli analisti di Payden & Rygel la Fed manterrà una linea dura e non commetterà gli errori degli anni '80, quando fermò troppo presto il ciclo di rialzi dei tassi e fece salire ancora l'inflazione. "Prima della pubblicazione del rapporto CPI di agosto, ci aspettavamo che la Fed arrivasse al 4,25% sul tasso dei Fed Funds entro l'inizio del 2023. Tuttavia, l'attuale traiettoria delle pressioni sottostanti sui prezzi indica il rischio di un tasso terminale ancora più alto e di rimanere al di sopra del 4% per qualche tempo", spiega l'analista Jeffrey Cleveland.