(Teleborsa) - Ancora
dubbi sul Milleproroghe, il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale al
fotofinish, il 31 dicembre 2019, nel quale sono state inserite norme relative
alla revoca delle concessioni autostradali, al centro di
molte polemiche e fonte di dubbi anche all'interno della maggioranza. A rilevare
aspetti di illegittimità costituzionale di queste disposizioni
è un esperto costituzionalista dell'Università Bocconi di Milano.In un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore,
Giuseppe Franca Ferrari, Professore ordinario di Diritto costituzionale, afferma che il Dl Milleproroghe
"presenta a prima vista numerosi profili di probabile illegittimità, che dovrebbero sconsigliarne l'adozione, e che comunque ne mettono a
repentaglio la sorte in futuri contenziosi".Il primo rilievo è relativo all'articolo 77 della Costituzione, che vincola l'emanazione di un decreto a requisiti inderogabili di necessità ed urgenza. Requisiti - sottolinea -
la cui sussistenza è "dubbia" nel decreto in specie, emanato "a distanza di oltre sedici mesi dal fatto di Genova e in assenza di accertamenti giudiziari di qualsiasi concretezza in ordine alle responsabilità".
"L'emergenza - scrive - è ormai almeno in parte auto-procurata o imputabile allo stesso concedente".Inoltre,
Ferrari afferma che nel Milleproroghe manca quel carattere
dell'omogeneità richiesto a questo tipo di provvedimenti, poichè la gran parte delle disposizioni in esso contenut
e "mira appunto a disporre di termini di varia natura ed oggetto, mentre in materia autostradale si detterebbe una disciplina apparentemente generale, come si suol dire ordinamentale, come tale inidonea alla sede del decreto di urgenza". E quindi, in questa materia il Dl "assume l'aspetto di una
legge-provvedimento, mirata su di una specifica fattispecie nota".Un secondo gruppo di rilievi riguarderebbe la gestione provvisoria Anas, proposta dal Milleproroghe
"in forma sostanzialmente espropriativa, senza riparazione integrale del danno, ed anzi
senza nessun serio riequilibrio economico e senza tenere in alcuno conto il lucro cessante per gli anni residui della concessione".
Ferrari evidenzia infatti che
"si verrebbe ad investire, in deroga sia ai principi generali che alle previsioni specifiche di concessione, sia pure temporaneamente, un soggetto già attualmente gestore di strade ed autostrade, e dunque qualificabile come concorrente nel settore
, senza procedura di evidenza pubblica e per di più consentendogli di acquisire a condizioni di vantaggio, senza equo indennizzo, i progetti del concessionario uscente". Disposizioni che
violerebbero gli articoli 42 e 43 della Costituzione, il Primo Protocollo aggiuntivo della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo ed il principio di proporzionalità, che occupa un ruolo centrale nella giurisprudenza europea.
"Sia la Corte di giustizia europea che il Consiglio di Stato richiedono pacificamente che la revoca, comunque denominata, della concessione sia sempre assistita da adeguati meccanismi compensativi e di ristoro", argomenta Ferrari sulle pagine del quotidiano, aggiungendo
"secondo i principi generali, dettati sia dal codice civile che dal codice dei contratti pubblici, il concessionario decaduto prosegue nella gestione fino al subentro di un successore individuato mediante gara pubblica, nella specie di livello europeo, dato il prevedibile importo dei lavori e del servizio.
Le concessioni uniche, adottate negli anni, oltre tutto, fanno della prosecuzione temporanea obbligo al concessionario".Ultimo aspetto messo in luce dal docente costituzionalista è quello
"dell'incidenza retroattiva di una norma che colpisce un rapporto pluriennale lontano dalla scadenza, violando i principi di affidamento e di certezza del diritto, diversamente ma unanimemente tutelati dai
giudici amministrativi ed ordinari nazionali, oltre che dalle Corti di livello europeo".