(Teleborsa) -
L'Italia sta accumulando un ritardo per centrare l'obiettivo di
dismissione delle centrali a carbone entro il 2025, come previsto da Piano nazionale per l'energia ed il clima (Pniec). E' quanto riporta
Il Sole 24 Ore, secondo cui restando
ancora 8 impianti a carbone, compreso quello di
Fiume Santo e Sulcis in Sardegna.
Enel sta procedendo spedita nel
piano di dismissione delle sue centrali a carbone, che saranno sostituite, temporaneamente, da impianti a gas ed in seguito da fonti rinnovabili:
entro il 2023 è prevista la chiusura di
Fausina (Venezia) e La Spezia ed
entro il 2025 delle centrali di
Civitavecchia e Brindisi.
A determinare i ritardi sarebbe la burocrazia:
le lungaggini e gli ostacoli dell'iter autorizzativo, la lunga attesa della Commissione VIA e lo
stop imposto dal MISE su parere di
Terna per dismettere la centrale di
La Spezia ad inizio 2021. Enel, che si era aggiudicata mediante gara il contratto per il
capacity market per il 2023, da soddisfare con l'energia prodotta dalle centrali a gas ancora da costruire, rischia ora di
mancare anche la successiva
scadenza di giugno 2021, con conseguente rischio di
rescissione del contratto da parte di Terna.
"Temiamo che anche per quella data non si farà in tempo", avverte
Carlo Tamburi, direttore Italia del Gruppo Enel, ricordando che "l'alternativa dovrebbe essere realizzare
impianti fotovoltaici ed eolici, in aggiunta rilevante rispetto a quelli già oggi previsti, in modo tale da compensare la riduzione di capacità derivante dalla dismissione delle centrali a carbone". Un obiettivo che il manager definisce
"impossibile" perché anche per la costruzione di impianti fotovoltaic
i l'iter è lungo e complesso. Così come c'è
"incertezza" sulla possibilità di partecipare alle
gare per il capacity market 2024.
Tamburi ricorda anche che la
prospettiva di realizzare impianti a gas per accelerare la transizione energetica
non è ben vista in ambienti politici e dagli ambientalisti, ma Enel in qualità di "supermajor" mondiale delle rinnovabili, vede il gas come "una
risorsa complementare alo sviluppo delle fonti di energia verde".
Ultimo nodo per la chiusura di La Spezia - spiega Tamburi - la richiesta del MISE di una
capacità aggiuntiva di 500 MW e lo
scadere dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) a fine anno. Un'impasse che potrebbe però essere superata grazie alla gestione unitaria del nuovo Ministero della Transizione ecologica.