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La pletora degli esclusi


Volete mettere l'estenuante lavoro di passare ad incassare decine di migliaia di euro di affitto al mese, se non centinaia, rimirando per l'occasione la bellezza della propria dimora, data in locazione a griffe super lussuose o a qualche albergo con servizi e finiture da urlo?

Basta una piacevole passeggiata per le vie principali del centro di Roma, Milano, Firenze o Venezia per apprezzarne il doppio valore, commerciale e di richiamo, e basta chiedere per sapere a quanto arrivano, per quei palazzi e per quelle zone, i canoni mensili di affitto.

Probabilmente il tutto sarebbe ancor più interessante se quanto incassato allegramente non esistesse nemmeno per il fisco, la cui azione è, invece, drammaticamente attesa da milioni di comuni contribuenti italiani, pervasi da un latente senso di disperazione come i soldati di Buzzati ai confini del Nord.

I conti sono facili a farsi e, non per deduzione, si arriva subito all'enorme cumulo raggiunto negli anni e sul quale, bontà loro per i proprietari, per norme approvate alla luce del sole dal nostro Stato, rese valide a prescindere che si trattassero di immobili commerciali o ad uso abitativo, non si è poggiata nemmeno l'ombra di uno straccio di tassazione e, qualora ce ne fosse stato bisogno, nemmeno l'obbligo di indicare nel modello unico, il 730, l'importo di questi valori.

Intendiamoci niente di illegale e nemmeno di irreprensibile, ma tutto regolato secondo leggi e regolamenti che, per il nostro Stato alla faticosa e per certi aspetti "vampiresca" ricerca di risorse, hanno decretato il più classico degli autogol per una rinuncia aprioristica ad un minor gettito fiscale che nessuno sa a quanto ammonti.
E perché? Perché non c'è un dettagliato elenco per porre in atto verifiche circostanziate sulla legittimità e sulle veridicità degli sgravi ammessi, nemmeno da parte di chi, come l'Agenzia delle Entrate, dovrebbe porre in atto controlli preventivi e azioni sanzionatorie.

Invece si tratta di una cittadella nascosta al fisco e sparsa per tutta Italia, una sorta di "bengodi" nazionale inaccessibile all'ascia fiscale dell'IMU, che invece milioni di cittadini sono tornati a pagare sulla prima casa, in eredità dell'ICI, con aliquote stratosferiche.
Dietro c'è di tutto, dalle Fondazioni Bancarie agli Enti Ecclesiastici, dai costruttori alle forze politiche e sindacali, che godono di agevolazioni fiscali previste dalla legislazione vigente, che già premia la quota di patrimonio investita in una qualche utilità sociale e alla quale si aggiunge, in modo incomprensibile, anche l'esenzione dal pagare l'IMU per l'immobile strumentale.
Un grande ombrello, legislativamente concesso e legalmente aperto, assai largo per mettere al riparo dallo sguardo indiscreto del fisco troppe attività.

Mentre per i cittadini si avvicina, quindi, la scadenza della tassa sugli immobili, c'è qualcuno che può attendere la scadenza del 18 giugno con molta più tranquillità senza farsi fumare il cervello con le simulazioni delle varie aliquote; categorie a cui è stato risparmiato il disturbo di preoccuparsi prima e di pagare poi.
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