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Gli USA: baby sitter o badante per l'Europa?


Dobbiamo essere franchi: rinfacciarsi ancora la responsabilità della crisi, affermare che non è solo colpa dell'Europa, incapace di trovare soluzioni in grado di bilanciare rigore e crescita, è del tutto inutile. Davanti al mondo intero, gli Stati europei stanno facendo una pessima figura: ragazzini che litigano in continuazione, perché ce n'è uno che si è autonominato capoclasse, o vecchietti rimbambiti che all'ospizio si mettono a mangiare ognuno ad un tavolo diverso, perché altrimenti si levano il pane l'uno con l'altro. Gli americani sono preoccupati, non sanno se devono farci da baby sitter, considerando quella europea una crisi di crescenza visto che l'euro ha appena dieci anni di vita, o da badante che deve prendersi cura di vecchi marpioni, che ora sono pur malandati, ma che di danni a sé e agli altri ne hanno fatti per un secolo intero. E ne possono fare ancora.

La crisi dell'Europa fu già evidente il 18 novembre 2008, al G20 di Washington convocato d'urgenza: la Commissione europea ancora non si era pronunciata sullo sforamento dei parametri di Maastricht e la Bce si era riservata di assumere la decisione per un eventuale taglio dei tassi di sconto. Ognun per sé, già da allora: la stessa idea di porre rimedio alle perdite bancarie attraverso una deroga al divieto di aiuti di Stato fu il segnale decisivo di un mancato coordinamento.

Noi italiani ci gloriammo giustamente della saldezza delle nostre banche, che non si erano lasciate andare ad investimenti tanto lucrosi quanto rischiosi, ben sapendo che non avremmo potuto contrastare più di tanto il ciclo recessivo per via dell'alto debito preesistente. Di certo, avremmo partecipato malvolentieri ad un salvataggio comune delle banche tedesche, francesi, belghe o austriache, ma se ce lo avessero proposto avremmo potuto chiedere qualcosa in cambio, magari quegli eurobond, quella comune vigilanza bancaria o quella rete europea comune di protezione dei risparmiatori che ora servirebbero. Chiedemmo, forse presuntuosamente, troppo di più, quando fu il nostro turno di presidenza del G8: un global legal framework, quando sarebbe servito un maggior coordinamento europeo. Ma una costruzione istituzionale governata da burocrati per timore del prevalere degli Stati, con un Trattato di Lisbona tanto barocco e ampolloso quanto inutile mancando una legittimazione democratica e popolare, ha riportato d'un colpo l'orologio della Storia all'indietro, a prima della stessa fondazione della Comunità europea, al '58.
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