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Solitamente si trova sulla prima schermata dei siti internet in via di rifacimento, oppure sulle strade inglesi interrotte per lavori. Tradotto vuol dire "Lavori in corso" e che le cose, per la crisi e per l'intera Unione, stanno proprio così ce l'ha confermato il presidente della BCE, Mario Draghi, che ha scoperto le carte e confermato implicitamente al mercato che le chiacchiere non servono a nulla.

Gli operatori, quelli più aggressivi, non si sono fatti pregare e hanno messo sotto pressione gli indici, inondandoli di vendite. Visto il divieto della Consob di vendere allo scoperto i titoli Bancari e Assicurativi, possiamo desumere che quelle piazzate sul mercato sono vendite vere, cioè quelle da parte di chi i titoli ce li ha per davvero e non si fa pregare per disfarsene se la percezione resta quella che è, cioè solo "chiacchiere e distintivo". I mercati sembrano girare in un vortice dove i rendimenti dei titoli governativi non riescono a trovare stabilità intorno ad un valore congruo e teso all'ordinata ricerca di prospettive future.

E' evidente che molto, se non tutto, dipenderà dalla percezione che i grossi investitori hanno della capacità dell'Europa di sottrarsi al morso della crisi e finché le Istituzioni non saranno in grado di dare risposte definitive la volatilità non avrà motivo di spegnersi. E' già successo che il mercato plaude a ciò che, cammin facendo, viene indicata come la soluzione della crisi; si è già visto in Grecia; abbiamo assistito più volte a scene di giubilo incontrollato, laddove si profilavano soluzioni tecniche idonee ad assorbire gli urti della crisi, per poi trovare un pretesto per mettersi di traverso ai provvedimenti che faticosamente si cerca di rendere operativi.

Tutta quest'incertezza durante la marcia dell'intera Unione ha dato spunti operativi agli investitori per smontare in fretta i portafogli messi in piedi poco tempo prima. Anche se non vi è motivo di credere che negli intenti dell'Unione non ci sia la ferrea volontà di uscire dal tunnel della crisi, gli elementi di incertezza sono molteplici e riconducono tutti a pochi fatti; il primo è quello di mantenere i rendimenti dei Bond dei paesi a forte criticità sotto il tetto del 7%; uno sforamento di questo livello farebbe espandere ulteriormente i livelli di indebitamento con forte sperequazione tra gli stessi Stati membri. In tal senso non è un mistero che la Germania sta finanziando il proprio debito interno a tassi ridicoli, con rilancio dell'export in scia alla debolezza dell'Euro.

Il secondo problema è quello di aggregare la volontà politica degli stati intorno ad un'idea comune, un'idea coraggiosa improntata alla cooperazione; se così non sarà nemmeno la BCE saprebbe più cosa fare, venendo meno il collante dell'unità di intenti. Si può e si deve sperare, quindi, che le iniziative messe in campo dalla BCE, discusse e argomentate, abbiano successo, senza tradire le attese nel momento di più stringente bisogno. Il nodo cruciale, insomma, è che tra il dire e il fare c'è di mezzo l'essenza della crisi stessa e la credibilità che è venuta sempre meno, con le sceneggiate della Germania a tenace difesa, magari anche a ragione ma comunque sconsiderate, del suo punto di vista sulle modalità di approccio alla crisi.

E' dal 2008 che la politica va dicendo di aver fatto tutto il possibile per risolvere la questione del debito statale e riprendere la via della crescita, ma dopo tante chiacchiere si è visto effettivamente poco. E' vero che non esistono formule magiche, ma è altrettanto vero che non sono stati messi sul tavolo progetti o provvedimenti per risolvere effettivamente la crisi. Solo chiacchiere, appunto. Aspettiamo che i governanti europei e i responsabili delle Istituzioni assumano decisioni più impegnative e che, oltre a metterci la faccia, mantengano le promesse rispolverando magari il buon uso dell'onestà intellettuale, dicendo come stanno effettivamente le cose.
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