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Do ut des

Dall'epoca dei comuni, laddove le libertà poggiavano sullo sviluppo del carattere morale e sul coraggio individuale e collettivo, l'humus degli stati tiranni caratterizzava il governo mediante il crimine, la perfidia e la corruzione. Ad oggi possiamo sostenere tranquillamente (ma mica tanto) di aver eliminato l'abitudine all'assassinio e all'avvelenamento, ma non la corruzione che, a distanza di 500 anni, continua a regolare gran parte dei rapporti politico-isitituzionali con quelli di ogni ordine privatistico in condizione di immutabile reciprocità. Come sottolineato dal premio Nobel Oscar Sanchez, attivista e presidente del Costa Rica, le situazioni corruttive sono infinite e allegramente tollerate perché non vengono percepite come tali e nello stesso tempo aprono la strada a situazioni politico-ambientali che favoriscono il diffondersi di una corruzione sistemica.

Corruzione è distribuire privilegi in barba ai principi morali, corruzione è partecipare alla vita politica senza averne la predisposizione, corruzione è non accertarsi dell'onestà morale e intellettuale di un candidato in sede di voto elettorale, corruzione è il conformismo culturale e di informazione e gestione del potere senza adeguata responsabilizzazione.

Il 69° posto che l'Italia occupa nella classifica stilata da "Trasparency International" getta nello sconforto il nostro paese, costretto in questo senso a competere con il Ghana e la Macedonia e facendo qualche conto, la Corte dei Conti ha certificato che il fenomeno della corruzione costa all'Italia qualcosa come 60 miliardi di Euro all'anno, all'incirca poco meno di quanto costa remunerare gli investitori sui titoli del nostro debito pubblico. Da qui la considerazione che la corruzione sia un problema cronico della società italiana, che dopo Tangentopoli non ha subìto in realtà il benché minimo ridimensionamento.

Da una serie di riflessioni maturate sul perché, nonostante pene severe e prezzi umani pagati da alcuni inquisiti eccellenti, la corruzione nel nostro paese continui ad essere radicata, sì è convenuti che l'Italia non sia ancora una democrazia forte e ben delineata, con un mercato concorrenziale adeguatamente regolato e ben funzionante. E' accertato, invece, che le procedure della pubblica amministrazione siano farraginose e troppo burocratizzate, con eccessiva attenzione alle procedure e poco valore per i risultati. Ai singoli funzionari è poi demandata la più ampia discrezionalità che finisce per creare pertugi dove si va ad infilare la pratica corruttiva.

Il fenomeno, quindi, assume valore culturale come pratica di costume e scorciatoia verso la distinzione e la superiorità sociale che studi anglosassoni hanno definito "familismo amorale". Una perversa virtù degli italiani, insomma, tesa a oltrepassare qualsiasi ostacolo per arrivare al benessere individuale calpestando il bene comune e l'interesse collettivo, senza il benché minimo ritegno o freno inibitorio. Vizi privati e pubbliche virtù, nel pieno rispetto di una vita pubblica che scorre da sempre sul doppio binario del predicare bene e razzolare male e in un paese corrotto, a livelli di oligarchia africana, è troppo evidente che l'unico vero interesse di noi tutti è riacquistare a fattor comune i valori di responsabilità e il rispetto assoluto delle regole. Come?... beh su questo preferiamo tapparci la bocca e lasciare ai lettori la più ampia immaginazione.

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