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La diaspora dell'elettore errante

Astenersi dal voto non è un'azione antidemocratica, ma una legittima bocciatura del sistema.

Il trend dell'astensionismo appare irreversibile perché la gente ha capito, forse, che votare serve a poco se non a nulla. Il fatto non è oltretutto connotato esclusivamente italiano, per capirlo basta scorrere i dati delle ultime tornate elettorali europee e si scoprirà che l'astensionismo domina nel range tra il 40% e 50%.

Il senso di questo dato è l'illusione del concetto di rappresentanza che scade in virtù delle promesse non mantenute sia individualmente che di partito. Non che la democrazia abbia mai rappresentato davvero il volere popolare, ma l'idea diffusa che così fosse restituiva alla competizione elettorale un'alea di legittimità e di rispettabilità.

Adesso non è più così. La gente non ci crede più e manca consapevolmente l'appuntamento elettorale. Se ad una elezione non vota almeno il 50%, anche se sarebbe meglio contare su flussi superiori, è lecito, oltreché ragionevole, che l'elezione non venga considerata valida e che i seggi, ad entrambe le Camere, non vengano assegnati. Ancora, se ciò non avviene vuol dire che la supposta casta gestisce in maniera unilaterale le regole del gioco, considerando la minoranza come la maggioranza, in cui il volere di pochi demanda ad un ristrettissimo manipolo la decisione per tutti. La realtà attuale è questa, in cui anche la democrazia approda nel virtuale affrancandosi dal concetto ineludibile della rappresentanza, d'altronde tutto si evolve.

Sarebbe opportuno capire, ma non a tutti è chiaro, che la bocciatura di un sistema si manifesta anche non andando a votare, varrebbe quindi la pena ripensare l'intera struttura della politica, riscrivere la scenografia e il soggetto, per rimandarla con successo in prima visione e sbancare al botteghino.

Andrebbe, quindi, rivalutata in tutti i sensi la legittimità e la doverosità dell'astensione, perché quando questa è motivo di riflessione e ponderazione e quando identifica l'unico mezzo per configurare una società "più normale" di quella che si determinerebbe andando a votare, essa non deve essere etichettata come un disimpegno dalla propria responsabilità, bensì la scelta moralmente migliore, se ciò che ci viene proposto sono sempre le stesse facce e un perpetuarsi dell'ingiustizia.

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