Lo spunto di Pietro Mennea dai blocchi di partenza è il nostro scatto d'orgoglio. L'orgoglio italiano che si raggruma sotto la suola di gomma di un vecchio velocista che ha dato lustro allo sport tricolore. Ma l'effetto che si ricava è solo quello anestetizzante per i più pesanti destini di una nazione costretta a ricorrere allo spirito del barlettano per evocare potenza e vigore, nel pieno segno di una inarrivabile disfida. Per il resto stiamo andando in pezzi, con la politica interna sfilacciata e senza nerbo; mentre la politica estera cala le braghe, e rispedisce i nostri militari nelle galere indiane.
"Si nos coleos haberemus" diceva Petronio, ma noi fatichiamo a risalire la china e ci poniamo a distanza siderale da quello status, svegliandoci schiavi dei cialtroni e con la consapevolezza che al peggio non c'è mai fine.
Quello che è accaduto ai nostri marò è l'emblema di una sconfitta dolorosa in tema di politica estera. E' bastato poco per alzare le mani: una riunione per avallare una sconfitta morale, politica e civile, accettando il fatto che l'India avrebbe dato tutte le garanzie affinché i nostri militari venissero trattati nel migliore dei modi. Una realtà divenuta una barzelletta, apostrofata in modo ridicolo dai media internazionali. Tutti sarebbero arrossiti per la vergogna, ma non noi. A questo punto possiamo dire tutto e il contrario di tutto per scansare quest'onta, ma da oggi abbiamo la certezza che, oltre alla faccia, è andato perso anche l'onore e tuttavia non disperiamo perché Pietro è ancora lì, sui blocchi di partenza: pronto a scattare.