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Lo scaffale del Made in Italy è sempre più vuoto

Economia
Lo scaffale del Made in Italy è sempre più vuoto
(Teleborsa) - Una volta erano marchi storici del Made in Italy. Ora, sono semplicemente marchi noti in mani straniere.
Si tratta dei molti brand dell'agroalimentare tricolore che, ormai da anni ma soprattutto dall'inizio della crisi, sono passati a grandi gruppi multinazionali che fuggono dall'Italia della chimica e della meccanica investendo invece nell'agroalimentare nazionale, che continua a far segnare il record nelle esportazioni grazie all'immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità.

E' a loro che la Coldiretti dedica ampio spazio in occasione dell'Assemblea nazionale, allestendo un triste "scaffale del Made in Italy che non c'è più".

E non si tratta solo di orgoglio nazionale, ma anche di punti sottratti al PIL: i marchi emigrati all'estro hanno infatti un fatturato di almeno 10 miliardi di euro.

La lista è molto lunga: senza andare troppo indietro negli anni (le prime grandi aziende a passare di mano, nel 1988, furono la Buitoni e la Perugina, entrate nella scuderia Nestlè), dal 2010 ad oggi sono stati ben 11 i brand italiani ceduti. Gli ultimi sono stati il Riso Scotti, il cui 25% è stato acquisito dalla società alla multinazionale spagnola Ebro Foods), e il Chianti Classico, passato in mano ad un imprenditore cinese.

Complessivamente si può dire che con l'inizio della crisi si è verificata una accelerazione nel processo di cessione dei marchi storici del Made in Italy che nell'agroalimentare era già in fase avanzata.

Nonostante questo, secondo un sondaggio online di Coldiretti, più di otto italiani su dieci cercano di riempire il carrello della spesa con prodotti italiani al 100% e di questi ben il 53% li preferisce anche se deve pagare qualche cosa di più.
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