(Teleborsa) -
Se un organismo è costoso, inutile, antidemocratico ed elitario, e per di più il Paese che lo ospita è costretto a tirare la cinghia a causa dei postumi di una grave crisi finanziaria e del commissariamento dell'Eurozona, vien da sé che sarebbe il caso eliminarlo. E' proprio quello che farà l'Irlanda con il suo...
Senato. Ebbene sì, domani i cittadini dell'ex Tigre celtica saranno chiamati a decidere, in un referendum, se accettare la
storica chiusura del Seanad.
Del resto, come affermato dal fronte pro-abolizione, è costoso, inutile, antidemocratico ed elitario. In effetti, il fronte non ha tutti i torti. I senatori non sono eletti direttamente dal popolo ma vengono scelti attraverso vari metodi. Sono nominati dal governo, dai partiti ma anche dalle università, e il loro mandato termina con quello del governo. "Un posto dove spedire i politici più anziani affinché si rilassino", ironizzano molti irlandesi intervistati dai media locali.
Inoltre, il Senato può solo ritardare le leggi sulle quali non è d'accordo, piuttosto che porre il veto. E, a modo suo, pur essendo composto solo da sessanta membri, ha un suo costo, stimato in 20 milioni di euro. E' vero che il referendum di domani ne costa 14, ma gli irlandesi puntano ai benefici di lungo periodo.
Questa estate i senatori hanno fatto la coraggiosa scelta di proporre la loro abolizione, e ora tocca ai cittadini dire l'ultima parola.
L'esito delle consultazioni è comunque scontato. In questi anni il popolo ha dovuto subire un impopolare ondata di tagli alla spesa e aumenti delle tasse nell'ambito del piano di salvataggio concesso a Dublino dalla Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale) nel 2010. All'austerity si è aggiunta la crisi economica, dalla quale fortunatamente il Paese sta riemergendo lentamente.
Questo storico referendum insegna che gli irlandesi sono un popolo molto unito. I sacrifici li devono fare tutti. Ma proprio tutti.