(Teleborsa) - Con l'approvazione del Parlamento, l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie passa dal 20 al 26% e allineata l'Italia nella media europea, forse ancora un tantino sotto, delle aliquote tra le principali economie dell'Unione Europea.
Quella varata ieri é la seconda manovra in materia, dopo il riordino fatto dal governo Monti che portò dal 12,50% al 20% la tassazione sulle rendite finanziarie. Restano fuori dalla nuova disposizione i titoli di Stato, che rimangono al 12,5%.
Nel 2013 l'imposta sui redditi di natura finanziaria e sulle plusvalenze ha generato per il fisco un gettito di 11 miliardi di euro, superiore quindi a quelli "pesati" per il 2012, che risultarono pari a 9,2 miliardi di euro; Renzi ha ribadito che l'aumento al 26% darà un maggior gettito per le casse statali di circa 2,6 miliardi di euro.
In poco più di due anni, quindi, gli interventi in materia, sia di Monti che di Renzi, hanno portato al raddoppio dell'aliquota.
La stretta al 26% è comunque in linea con la media europea, che si attesta intorno al 25%, anche se in diversi Stati la tassa ha un carattere progressivo, legata cioè a differenti fasce di reddito.
Dopo la crisi del 2008, tutti i principali paesi hanno alzato l'imposizione sui redditi da capitale. In Gran Bretagna l'imposta è stata aumentata, dal 2010, di dieci punti, passando dal 18% al 28%, ma è congelata al 18% per redditi fino a 35 mila sterline.
Picco massimo per la Francia che, record in Europa, livella l’aliquota al 35%. Anche la Spagna, lo scorso anno, ha rimodulato l'imposta, introducendo un sistema progressivo con aliquote tra il 21 e il 27% in base al reddito. Imposta unica in Germania, pari al 25%, con una lieve maggiorazione classificata come contributo di solidarietà, che porta l'imposta effettiva appena sopra il 26%.