(Teleborsa) - Si leggeva qualche giorno fa sulle riviste specializzate il grido d’
allarme dei microbiologi sulla sempre forte resistenza sviluppata dai batteri ai comuni
antibiotici. Alcuni ipotizzavano che ben presto l’industria farmaceutica non sarebbe più stata in grado di contrastare le velocità di mutazione dei microrganismi patogeni e già si preconfiguravano scenari
apocalittici dove una semplice influenza avrebbe potuto essere pericolosa quanto un’infezione da virus ebola.
Da un gruppo di ricercatori della
NovoBiotic Pharmaceuticals di Cambridge, Massachusetts, in collaborazione con l'Università di Bonn e la
Northeastern University, giunge un clamoroso "contrordine". Gli scienziati americani e tedeschi, come pubblicato dalla rivista Nature, sono riusciti produrre un antibiotico che non induce resistenze nei batteri che colpisce. Tutto questo è stato possibile tramite una macchina, denominata
iChip, grazie alla quale è stato possibile isolare una sostanza che permette di "coltivare batteri" in maniera più efficace rispetto al tradizionale metodo della classica provetta.
Gli attuali antibiotici sono stati sviluppati tra il 1950 e 1960 e la
metodologia usata da allora prevede che da determinati batteri venga isolata una sostanza antagonista, quindi più limitata è la
popolazione batterica con cui operare sempre meno sarà efficace contrastare che i batteri sviluppino resistenza ai farmaci. La nuova
metodologia può permettere di coltivare migliaia di tipi di batterici con potenzialità antibiotiche finora ignote. In sostanza, alcuni ceppi batterici sono stati messi nelle condizioni di sviluppare sostanze che
aggrediscono determinati tipi di cellule dei batteri patogeni evitando che questi generino una resistenza.
I ricercatori tengono a porre in evidenza che il passaggio dall'identificazione di una sostanza alla sua
applicazione clinica è una pratica complessa e che quanto è stato fino scoperto non è applicabile, per ora, a tutti i
batteri. Insomma la strada è ancora lunga ma la via è aperta.