(Teleborsa) - Non è trascorso neanche un mese dall'
elezione del Presidente della Repubblica, che aveva avuto il merito, se non altro, di riunire il Pd dopo numerose divisioni sui temi chiave.
Eppure,
è già scontro fra Pier Luigi bersani ed il Premier Matteo Renzi, su tutta una serie di tematiche chiave, come il
Job Act, che l'ex segretario critica aspramente, o come la questione della
scalata alle torri della RAI, su cui c'è una differente percezione del rischio: Bersani punta il dito con l'eterno rivale Silvio Berlusconi, mentre Renzi la definisce un'operazione di mercato, pur riconoscendo la necessità di proteggere un'infrastruttura strategica.
Bersani, vecchia guardia del Pd,
critica poi l'Italicum, la legge elettorale frutto dell'accordo del Nazareno, di cui
minaccia il venir meno del sostegno da parte di tutta la frangia storica del Partito Democratico.
Ed ora
Bersani avverte Renzi che non parteciperà alla riunione di oggi: il Premier aveva convocato ieri un
brainstorming di
quattro ore dei parlamentari dem per discutere di una
serie di questioni - fra cui riforma RAI, fisco, scuola, ambiente - ma si era subito sentito rispondere che non è competenza del segretario che non è compito del leader convocare queste riunioni, bensì dei capigruppo.
I toni si sono alzati al tal punto, che
l'ex segretario ha affermato di non voler fare il "figurante", preannunciando che diserterà la riunione di oggi al Nazareno. Con lui diserteranno anche altri esponenti della minoranza del Pd, la corrente dei bersaniani, che dicono di
"sentirsi presi in giro" dall'atteggiamento del Premier.
Imperturbabile la risposta di
Renzi, che si dice "stupito" di questa defezione ed afferma di esser stato sempre
"aperto" al confronto democratico e di non comprendere "chi gioca la carta della polemica interna" a fronte del suo invito al confronto.