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Pirelli, il new deal italo-cinese in barba ai piccoli azionisti

Economia
Pirelli, il new deal italo-cinese in barba ai piccoli azionisti
(Teleborsa) - Pirelli & C. rischia di rimanere invischiata in una situazione di difficile risoluzione nell’immediato, per il tira e molla dei piccoli azionisti italiani che cercano di resistere e spuntare un prezzo migliore di quello offerto dal suo pretendente cinese.

ChemChina, una società di proprietà dello Stato cinese, che possiede una divisione pneumatici, così come di fertilizzanti e di altri prodotti chimici, ha fatto un’offerta di 15 euro per ogni azione Pirelli, appena il 4% superiore ai prezzi di borsa segnati l'ultimo giorno prima che i colloqui con ChemChina divenissero di pubblico dominio, settimana scorsa. Le azioni quotate a Milano, in risposta, sono salite oltre i 15 euro.

La società cinese e il suo partner, Camfin, azionista di riferimento di Pirelli e in parte di proprietà del presidente Marco Tronchetti Provera, hanno una soglia alta per chiudere quest’offerta pubblica sulla società della Bicocca, come previsto. La necessità è quella di garantire il passaggio di proprietà del 90% delle azioni Pirelli in mano a CamFin. L'offerta, secondo l’accordo, dovrebbe iniziare questa estate.

"Gli azionisti di minoranza hanno molto potere nelle loro mani", ha detto Vincenzo Longo, strategist presso IG Markets a Milano. "Il prezzo offerto non sta dando loro il premio previsto”.

La conquista di Pirelli sarebbe un grosso affare per ChemChina, che farebbe un salto sulla scena internazionale dei pneumatici di alta gamma. La divisione pneumatici di ChemChina, Aeolus Tyres, è classificato al 23° posto nel settore pneumatici a livello mondiale e ha poca presenza al di fuori della Cina.

L’unione aiuterebbe anche Pirelli a raddoppiare il volume delle sue forniture per camion e pneumatici, garantendo una testa di ponte e rispondendo di fatto ai due più grossi produttore europei di pneumatici, Michelin e Continental che stanno guardando ad una espansione asiatica.

Tuttavia, l'offerta non può essere sufficiente per soddisfare gli azionisti di minoranza, come la famiglia Malacalza, la famiglia Benetton e Mediobanca.

ChemChina si è assicurata fino ad ora la partecipazione del 26,2% detenuta da Camfin, che diventerà il veicolo di investimento principale in Pirelli.

Tronchetti Provera, a capo di Pirelli dal 1992, resterà come amministratore delegato e Camfin sosterrà l'offerta reinvestendo parte dei proventi della sua quota per intervenire in privato nell’affare.

Alla fine, l'accordo prevede che China National Chemical Corp, vada a detenere almeno il 50,1% per cento di Pirelli e il 49,9% di Camfin. L'accordo sarebbe il più grande acquisto italiano da parte di una società cinese.

Se le parti non riescono a raggiungere il 90% delle azioni per assumere il controllo di Pirelli, sarà necessario rastrellare altri titoli sul mercato, ma è un’alternativa più complicata. Alcuni analisti fanno osservare che con una partecipazione di almeno il 66%, ChemChina potrebbe fondere le sue partecipazioni con Camfin e forzare un delisting. Anche con il peso dei piccoli azionisti, è verosimile che l'affare ChemChina sia l'unica strada percorribile.

Malgrado ci sia tempo fino all’estate per valutare tutte le contromosse, le prospettive di una controfferta per Pirelli sono limitate a causa del contratto blindato tra Camfin e ChemChina.
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