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Crollo dei prezzi, scoppia la guerra del grano

Economia
Crollo dei prezzi, scoppia la guerra del grano
(Teleborsa) - Le speculazioni che si spostano dalle banche ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli hanno fatto crollare il prezzo del grano su valori che sono inferiori a quelli di 30 anni fa provocando una crisi senza precedenti. A denunciarlo è la Coldiretti con lo scoppio della “guerra del grano” e il blitz di mercoledì scorso di migliaia agricoltori nella Capitale davanti al Ministero delle Politiche Agricole in via Venti Settembre XX.

Le quotazioni dei prodotti agricoli dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie speculative che trovano nel Chicago Board of Trade il punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole su cui chiunque può investire anche con contratti derivati. Il risultato è che oggi il grano duro per la pasta viene pagato anche 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia.

In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione tricolore. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%. A pesare sono le importazioni in chiave speculativa che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente.

"Con questi prezzi gli agricoltori non possono più seminare e c’è il rischio concreto di alimentare un circolo vizioso che, se adesso provoca la delocalizzazione degli acquisti del grano, domani toccherà gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che genera ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale - ha denunciato il presidente dell'associazione degli imprenditori agricoli, Roberto Moncalvo -. Ma serve anche risolvere l’anomalia che vede il dazio in entrata del grano in Italia pari allo 0%, mentre per la pasta italiana esportata negli Stati Uniti e in Canada il dazio è superiore al 6% del valore della pasta con punte sino all’11% nel paese canadese per alcune tipologie di prodotto".

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